Caro direttore,
“Vogliamo una pace giusta e duratura!” È il nuovo mantra dei guerrafondai col colletto bianco, quelli che si dichiarano pacifisti e ti vendono la guerra con il sorriso sulle labbra.
Perché loro, si sa, non sono mica guerrafondai, loro sono i paladini della giustizia, i difensori della libertà, i filosofi della moralità geopolitica.
“Sì, certo, vogliamo la pace, ma deve essere una pace giusta e duratura”, ripetono come una litania, che tradotto significa: Putin deve arrendersi, senza condizioni, senza ottenere nulla in cambio, firmando con il sangue una promessa solenne di eterna inoffensività. E se non accetta? Be’, allora si continua a combattere, ovviamente. Perché questa pace giusta e duratura ha un prezzo, e il prezzo è la guerra infinita. Ma non chiamatela guerra, per carità, chiamatela difesa della democrazia!
Et voilà, problema risolto! I missili continuano a volare, i carri armati avanzano e il riarmo diventa la nuova corsa all’oro. E già che ci siamo, mandiamo anche qualche migliaio di giovani a morire per una causa che, diciamocelo, non li riguarda minimamente. Ma almeno ci dobbiamo provare, no? Potremo dire di aver fatto il nostro dovere morale, con un tentativo di pace che, guarda caso, non deve mai riuscire. Perché, se la pace fosse davvero raggiunta, addio fornitori di armi, addio appalti miliardari, addio economia di guerra che ingrassa i soliti noti.
E guai a chi si permette di disturbare questa macchina ben oliata! Trump, per esempio, con le sue trovate da cowboy d’oltreoceano, ha avuto l’ardire di dire che vuole risolvere il conflitto. Bestemmia! Come osa mettere il naso negli affari europei, proprio ora che stavamo andando così bene da soli? I nostri trafficanti d’armi stavano festeggiando, i profitti crescevano, e pure qualche briciola arrivava a chi di dovere.
Ma non preoccupatevi, siamo in mani sicure. Se servono più soldi per prolungare il massacro, faremo debiti su debiti. L’importante è che la guerra non finisca mai. Vogliamo la pace? Ma per favore. Il business della guerra è troppo redditizio. E la pace, quella vera, è un lusso che non possiamo permetterci. “Finché c’è guerra c’è speranza!” ci ricordava il compianto Alberto Sordi…
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