L’11 agosto 1980 moriva nella propria abitazione in Milano all’età di 71 anni Adele Bonolis. Insegnante, imprenditrice del sociale, al bisogno frequentatrice di finanzieri, ecclesiastici e politici anche se la sua vera passione erano le prostitute e i pazzi autori di reato.
La signora, laica e single, era una donna lieta: contenta di quel che faceva e di come viveva, anche se di guerre ne aveva vissute due, con annessi sfollamenti e bombardamenti, e di fatica ne aveva fatta molta per guadagnarsi da vivere.
Viveva intensamente le circostanze in cui si trovava senza mai esserne in balia, anzi si lasciava sfidare e si buttava a capofitto nelle implicazioni ed opportunità che sollecitavano il suo interesse. Laureata in filosofia, ha insegnato per molti anni religione al Liceo Berchet ai figli della laica borghesia milanese: preparava scrupolosamente le lezioni, esigeva attenzione critica e serietà nel vagliare la natura delle cose ultime; gli alunni la ricordano severa e perlopiù grati, almeno per un metodo intravisto.
Delle opere a cui stava dando vita, in classe non parlava. Eppure poco lontano dal liceo e dalla sua parrocchia di Sant’Ambrogio, aveva intrecciato rapporti di solidarietà con le coetanee frequentatrici dei fiorenti bordelli locali, cogliendo in loro lo stesso desiderio di dignità e di compimento che viveva per sé. Da quel comune desiderio si era lasciata prendere fino a concretizzare effettive possibilità di riscatto per molte. Sfidando i benpensanti locali e con la complicità dell’allora arcivescovo Montini, aprì una casa sul confine svizzero in cui molte di loro ebbero la possibilità di ricominciare. Alcune di queste ragazze hanno, a loro volta, speso la vita per la stessa ragione partecipando alla conduzione dell’opera, tuttora attiva con l’annesso asilo. Si racconta di un clima sereno all’insegna di una vita ordinaria e di un’ipotesi di fede cattolica proposta e lasciata alla libertà di chi la incontrava.
La Bonolis conobbe la senatrice Merlin, il sindaco di Milano, il presidente dell’allora potente provincia di Milano, trattò mutui con il presidente della Cassa di risparmio delle provincie lombarde, costituì società ed associazioni ed affrontò sfruttatori e benefattori con la suadente forza di un’esperienza di bene diventata possibile per molti.
La seconda guerra mondiale con le sue conseguenze sulla psiche di molti ed il susseguirsi di indulti e amnistie creò un’altra situazione da cui Adele Bonolis si lasciò operativamente implicare. Molti malati psichiatrici, specialmente se autori di reato, non avevano un luogo dove vivere, rappresentando per le famiglie di appartenenza un peso estenuante. Lo stesso contesto sociale e sanitario non era in grado di immaginare altro se non luoghi di contenimento. Adele provò a guardare anche quelle persone per la natura della loro ultima consistenza del tutto simile alla propria, seppure offuscata dalla condizione.
Aprì per costoro tre luoghi di accoglienza, l’ultimo dei quali proprio per persone dimesse da istituti di pena. “Non istituti, ma case” ripeteva spesso, cioè luoghi in cui potesse rigenerarsi una capacità di affezione. Questi luoghi, ancora attivi, erano caratterizzati da una proposta di vita molto chiara ed altrettanto decisamente aperta alla libertà di ciascuno.
È sempre un’identità che genera una storia, una mentalità ed una cultura; in questo caso un’esperienza di bene per se e per tutti, abbracciata ed appassionatamente proposta.
La vita di Adele Bonolis è molto interessante, diverse notizie possono essere tratte dai siti adelebonolis.it e fondazioneadelebonolis.it dai quale è scaricabile un docufilm girato da Paolo Lipari e presentato in una memorabile serata con l’arcivescovo Delpini.
Nel gennaio di quest’anno, dopo anni di indagini ed opportune valutazioni del dicastero preposto, Papa Francesco ha autorizzato il decreto di Venerabilità; per la beatificazione occorre un miracolo, ma non valgono quelli fatti in vita: credo sia una questione di audacia nel chiedere.
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