Sommersi da notizie, immagini e frastuono, è ancora possibile trovare la quiete? La sfida di Massimo Camisasca e Stefano Picciano, autori de "Il silenzio"
“Chi dimora nel deserto e persiste nella quiete è liberato da tre specie di combattimenti, quello dell’udito, del pettegolezzo e della vista; può dedicarsi a un’unica battaglia, quella del cuore”. L’invito del santo abate Antonio il Grande, ricordato da monsignor Erik Varden nella sua prefazione al prezioso libretto Il silenzio, di Massimo Camisasca e Stefano Picciano (Marcianum Press, 2025), potrebbe suonare per noi un’impresa quasi impossibile.
Non certo per il vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla, che di silenzio ha parlato spesso, ma forse vivere in un clima di silenzio è meno facile per il coautore, il docente e giornalista Stefano Picciano, che con moglie e cinque figli conduce una vita vivace e non certo appartata. Noi oggi, infatti, non abbiamo più l’abitudine al silenzio, che anzi rappresenta per l’uomo moderno “un universo quasi mitico o un’utopia, per giunta leggermente minaccioso”.
Nel mondo contemporaneo perciò si deve imparare a stare in silenzio e la piccola ma densa opera di Camisasca e Picciano è uno strumento davvero impagabile per chi voglia conquistare il tesoro della vita: il senso di tutto ciò che facciamo.
“Non cerco il silenzio per non sentire e non vedere. Lo desidero per sentire e vedere più in profondità – chiarisce Camisasca – il silenzio porta a cogliere il mistero che le cose nascondono”. Ma l’itinerario proposto ha lo scopo di condurci oltre che all’incontro autentico con la realtà, anche alla verità di noi stessi. Richiede però sacrificio, una parola antiquata che ci spaventa, perché così lontana dal “benessere” sbandierato e perseguito a tutti i costi dalla società attuale.
Ma si tratta forse semplicemente di un’assenza di parole? È quel vuoto che promette il ricongiungimento col “tutto”, tipico delle meditazioni e pratiche orientali, tanto di moda oggi, che in realtà ci immergono inesorabilmente nel nulla? L’itinerario proposto dal libro Il silenzio è arduo, ma sicuramente affascinante, e richiede una disciplina iniziale che cozza con le nostre abitudini e convinzioni scontate. Dobbiamo però avere l’onestà di riconoscere con Blaise Pascal che “Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo”.
Il paradosso è che chi impara a vivere il silenzio scopre che non è un’assenza, anzi all’opposto è “la coscienza della più profonda compagnia”, quella di Colui che lo abita. “Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo… intrattenetevi da soli con il cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete”, suggeriva ai suoi figli il filosofo russo Pavel Floreskij.
Quanto avrebbero bisogno i nostri ragazzi di qualcuno che li accompagnasse in questo percorso verso la profondità di sé stessi! Ma prima ancora devono impararlo gli adulti che hanno il compito di educarli. Il silenzio diventa così “la porta di accesso a un itinerario che ci fa catturare almeno un frammento del mistero”, attraverso lo stupore per la bellezza dell’essere.
L’invito a scoprire la profondità della realtà si accompagna alla scoperta di sé: ”Ritorna in te stesso o uomo, e scruta i segreti del tuo cuore”, ammoniva Gregorio Magno già nel VI secolo, una provocazione tanto più attuale nel nostro mondo dominato dall’apparenza e dalla superficialità, in cui scegliamo più o meno inconsapevolmente di “ridurre il tempo riservato al dialogo personale con noi stessi e con Dio”.
È nel silenzio del nostro cuore che possiamo ritrovare quella profonda compagnia, come richiama sant’Agostino, padre spirituale del nuovo Papa Leone XIV: “Non disperderti fuori da te stesso, ritorna in te stesso, perché la verità abita nella profondità dell’uomo”. Ma il rumore più tenace non è quello esterno, come rileva Romano Guardini: “Il rumore esteriore è soltanto una metà… l’altra metà è il rumore interiore: il caos dei pensieri, il groviglio dei desideri, le inquietudini”.
Dobbiamo dunque prepararci a una lotta per aprirci a Qualcuno che ci insegna a “vedere le cose come le vede Lui”. Tuttavia è solo la fedeltà a momenti di silenzio che apre la vita al silenzio del cuore, attraverso quindi un’educazione graduale. Perché la nostra esistenza, con la sua sete di felicità, non si accontenta. “Tutta la vita chiede l’eternità”, come recita il verso di una bella canzone di Adriana Mascagni.
Si può però conciliare il silenzio con l’attività? Ora et labora, esortava san Benedetto, perché il silenzio dovrebbe diventare una forma di azione, così come Cristo non agiva al di fuori del rapporto con il Padre: “il silenzio può essere definito come l’azione abitata da un Altro”.
Certo, il silenzio non si contrappone alla parola, ma la parola non deve ridursi a chiacchiera o a sterile rumore. Anche la parola dunque, come l’azione, è strettamente connessa al silenzio. Ancora Guardini: “Bisogna esercitare il silenzio anche in funzione della parola, poiché la parola è sostanziosa e fattiva soltanto se sale dal silenzio”. Anche la bellezza è silenziosa e discreta e si offre come in un sussurro per condurci alla verità, al godimento stupito della potenza dell’Essere: dunque è “un appello al mistero”, dice Giovanni Paolo II.
È evidente che, per far entrare il silenzio nella nostra vita, occorre una rivoluzione concreta. Ognuno dovrà individuare la sua strada nei diversi momenti della giornata. Il libretto dei due autori offre anche suggerimenti pratici alla portata di tutti: un atteggiamento di vero ascolto ai pasti in famiglia, un uso regolato della televisione e di Internet, anche per dare spazio ad incontri reali tra le persone, la preghiera comune, la condivisione di letture significative.
Per i momenti di silenzio dedicati alla preghiera personale, anche nella Santa Messa, valgono le richieste di Santa Teresa d’Avila alle consorelle: “Non vi chiedo di applicare la mente a sublimi considerazioni. Vi chiedo solo che Lo guardiate… La cosa più importante non è pensare molto ma amare molto”.
Don Luigi Giussani ha educato generazioni di studenti e poi di adulti al valore del silenzio, durante gli esercizi spirituali, come spazio di incontro con Dio e per poter riconoscere ciò che Dio vuole da noi, coscienti che in quel momento ”io Lo guardo e Lui mi guarda”, secondo le parole di un contadino fatte proprie dal Curato d’Ars. Un “Tu” viene ad abitare il nostro “io”: ecco come il silenzio diventa preghiera, un dono inestimabile per la nostra vita.
Ora che gioiamo per il nuovo Papa Leone XIV, dopo la baraonda del circo mediatico delle chiacchiere, delle insinuazioni, dei pronostici sulla nuova guida della Chiesa, ci affidiamo all’unica potenza che Lui rappresenta: quella della preghiera silenziosa capace di offrirci la Presenza di Cristo che dona la pace.
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