Racconta Romano Guardini nell’Epilogo soggettivo che chiude i suoi fondamentali Studi su Dante, che l’incontro con il grande fiorentino non fu per lui affatto facile. Qualcosa lo teneva lontano dalla sua opera, dal suo poema, una sorta di timore reverenziale, benché gli fosse chiaro che Dante esisteva e che egli aveva “un dovere nei suoi riguardi”. Guardini provò con la strategia di un avvicinamento a tappe, partendo dalla Vita Nuova, ma, dopo averla letta, quest’opera giovanile gli rimase chiusa alla comprensione: “Non seppi entrare nella potenza di quell’esperienza – confessa –, mi sembrava irreale e perciò puramente letteraria”. A sbloccare la situazione intervenne un fatto particolare: “Per caso conobbi una persona. Divenimmo confidenti e un giorno mi parlò di sé. Stetti ad ascoltarla attentamente, e un lampo interiore mi disse: Questa è esattamente l’esperienza della Vita Nuova!”.
Parto da qui, da questo recupero di Dante e della sua opera fatto da Guardini a partire da un’esperienza di vita, per parlare del libro Dal monte al cielo. Esperienza poetica e teologica nell’opera dantesca (Mama, 2021) di Giuseppe Reguzzoni. E non tanto perché l’autore dichiara apertamente i propri debiti nei confronti di Guardini, ma per sottolineare come a tanti anni di distanza (gli Studi risalgono agli anni Cinquanta del secolo scorso) l’approccio all’opera di Dante sia ancora molto problematico, specie nella scuola, luogo che invece dovrebbe facilitare la comprensione profonda di quel mondo così grande e affascinante.
Reguzzoni nel suo libro (che è una raccolta di sei brevi saggi, in parte già pubblicati sulla rivista Communio a partire dal 1997, in parte sulla rivista Linea Tempo dal 2009), a partire dalla propria passione per l’opera di Dante, alimentata negli anni dal lavoro di insegnante liceale, mette fin dall’inizio il dito nella piaga. Vi sono due metodi interpretativi che ancora confliggono tra loro nella scuola: da una parte “la tentazione di cercare e isolare momenti poetici dell’opera dantesca all’interno di un quadro sovrastrutturale ritenuto debitore del suo tempo e, dunque, pressoché inutile o, al massimo, secondario”; dall’altra “la tentazione, pericolosissima, di usare il testo dantesco come spunto per un discorso attualizzante che è altro dalla sua forma propria”. Dunque c’è un doppio rischio di perdere il poema, e quindi di non intercettare quella potente esperienza: o sprofondarlo in un passato medievale irrecuperabile e nocivo alla poesia o avvicinarlo troppo all’attualità (magari anche fraintendendolo o banalizzandolo).
La soluzione, secondo Reguzzoni, sta nell’imparare ad adottare una lettura “empatica”, perché senza empatia non c’è possibilità di interpretazione. Nel caso di Dante, l’empatia dovrebbe portare ad accantonare il proprio pregiudizio e a mettersi in sintonia con una “poesia mistica”, che vuole giungere fino a quella visione di fronte alla quale la parola umana non può che fallire. Perché è proprio quella visione divina che interessa a Dante. Per questo Reguzzoni parte dall’interpretazione teologica di Guardini, che ha il merito di restituirci il testo dantesco nella sua alterità. E tale alterità è precisamente nel fatto che non ci è possibile separare la grandezza di quella poesia, “tutta senso, corposità, passione”, dalla dottrina del Dante cristiano. Ma purtroppo ancora oggi la didattica ordinaria ci propone proprio questa frattura di matrice romantica e crociana.
A partire da questi presupposti, Reguzzoni ci aiuta dunque ad entrare nel mondo di Dante per la via della teologia ed il suo contributo risulta particolarmente interessante, in quanto molto spesso ci mette di fronte a citazioni di Sant’Agostino e di altri Padri della Chiesa, soprattutto di San Tommaso, che ci consentono di recuperare la Commedia come qualcosa di più che un viaggio immaginifico nell’aldilà. Il poema, infatti, “è un’opera totale, dato che esige la reintegrazione trinitaria non solo di ciò che è oggetto di narrazione, ma, ed è qui la sua vera e più alta pretesa, di colui che si fa ascoltatore attento”. Dante ha una verità da dirci e da darci; la Commedia vive della pretesa di essere bella in quanto il bello è lo splendore del vero. Siamo di fronte dunque ad una poesia teologica, che è molto di più di quella che si dice poesia didascalica.
Chiariti questi punti fondamentali, il libro procede per capitoli che, come detto, sono brevi e dotti saggi: Morte e morire nella Commedia dantesca; Dante e la temperanza; I sette doni dello Spirito Santo e l’umanità ritrovata nel canto XXIX del Purgatorio; “Vinum non habent”. Le nozze di Cana come esempio di carità nel Purgatorio di Dante; Nel cielo del Sole; San Francesco d’Assisi e san Domenico, “campioni” di Dio; Beatrice, ovvero “Della fedeltà”. Il merito di questi approfondimenti è quello, per esempio, di portarci all’interno delle due cantiche meno conosciute, il Purgatorio e il Paradiso, a riscoprire aspetti particolari dell’opera, come la doppia ricorrenza (nei canti XIII e XXII del Purgatorio) dell’episodio delle nozze di Cana, che mettendo al centro la figura di Maria (creatura davvero esemplare), esaltano la misericordia cristiana e la temperanza, secondo una strategia che va dal particolare all’universale. E bastano pochi versi a Dante (questo è il miracolo della sua poesia) per richiamare “tessuti esegetici complessi”.
L’ultimo capitolo, dedicato a Beatrice, è quello più coinvolgente: dopo un’illustrazione delle caratteristiche e dei limiti dell’amor cortese, Reguzzoni ci aiuta a capire l’eccezionale portata dell’esperienza di Dante come qualcosa di radicalmente nuovo nel suo nesso eros-teologia. L’amor cortese diventa come una strada senza uscita, ma la morte di Beatrice è l’occasione per rinascere davvero ad una Vita Nuova. È la commovente amicizia tra Dante e Beatrice, la storia della loro fedeltà reciproca, che immettono in un significato nuovo, in una dimensione nuova, in un’esperienza di vera liberazione: “Ben oltre la poetica della lode, Dante arriva qui laddove nessun poeta cortese era finora arrivato, a innalzare l’eros trasfigurato fino al cuore stesso dell’universo. Beatrice adempie così la sua missione: è l’ispiratrice della poesia di Dante e attraverso la poesia di Dante continua la sua missione salvifica”.
Dante parte dal vissuto personale, quella potente esperienza che Guardini, con stupore, riconosceva nell’incontro di cui si parlava all’inizio, e questo vissuto diventa relazione con il Dio uno e trino, con la propria origine. Poesia teologica, dunque. Quella alla quale Reguzzoni vuole introdurci col suo libro. Il resto del cammino spetta a noi.
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