Càpitano degli incontri. È capitato anche a me in una frazione sperduta in mezzo ai boschi, tra Lombardia e Piemonte, in quell’area delle Prealpi insubri che chiamano il “Sentiero dei castagni”, proprio a metà strada tra i due parchi regionali del Ticino e il Parco Nazionale della Val Grande.
Esco di casa, cammino nel bosco e mi fermo a godermi il sole di maggio sul muretto di fronte alla chiesetta di Magognino di Stresa. Sono lì tranquillo, nella piazzetta deserta, quando mi si avvicina un gruppo di persone, biondissime, sulla quarantina, vestite con abbigliamento tecnico da escursionismo, bacchette da trekking e tablet alla mano. Mi salutano ed entrano nella chiesetta.
Ci entro anch’io, come faccio spesso, quando sono da quelle parti. Li trovo intenti ad ammirare gli affreschi di Luigi Morgari, che decorano la parrocchiale dedicata a sant’Albino: arte popolare, semplice, ma ricchissima di colori.
Mentre il gruppo si appresta a uscire, uno di loro mi si avvicina e, con un italiano esitante, mi rivolge una domanda, che non capisco. Supponendo siano tedeschi che provano a parlare italiano, per aiutarli rispondo in quella lingua, ma loro, in inglese, mi dicono di essere svedesi. Sorridendo, proseguiamo la conversazione in English.
Notando il mio abbigliamento semplice e il bastone di castagno levigato che tengo in mano, uno di loro chiede: “Are you a pilgrim?”, “Sei un pellegrino”?
Resto un pochino stupito, consapevole che la chiesetta non è certo una meta tradizionale di pellegrinaggio, ma anche dall’idea che gli scandinavi hanno del pellegrino: bisaccia e bastone. Rispondo semplicemente che qui ci vivo: “I simply live here“.
Mi dicono che stanno seguendo il “Sentiero dei castagni” e mi chiedono qualche indicazione. La cosa non mi stupisce. Lungo le antiche mulattiere, costeggiate da muri a secco, che fiancheggiano la collina tra Stresa e Belgirate non è raro incontrare gruppi di escursionisti di ogni nazionalità, ben attrezzati e ancor meglio informati, che percorrono la rete di sentieri, uno a valle e uno sulla costa più alta (tecnicamente, secondo la nomenclatura del CAI, “VL2”) che congiunge Stresa e frazioni con la splendida chiesa vecchia di Belgirate, risalente al secolo XI.
Siamo in un territorio compreso tra grandi parchi, che riscuote un interesse internazionale decisamente superiore a quello che gli riserva la politica locale, ancora ferma all’idea che il turismo sia solo quello dei grandi alberghi sul lungolago. Sulla carta, l’UNESCO ha un ambizioso progetto, la Dorsale Verde, teoricamente (ma solo teoricamente) accolto da quasi tutte le amministrazioni comunali della zona: collegare le due grandi aree a parco con una rete di zone protette, quali sono, già ora, la Riserva Naturale di Fondo Toce e quella dei Lagoni di Mercurago.
Creare delle aree protette serve a salvare il salvabile, ma anche a cambiare il modo in cui si guarda all’ambiente. In pratica, si tutela qualcosa perché, prima o poi, si tuteli tutto, in maniera intelligente, cioè, promuovendo uno sviluppo economico sostenibile e pienamente umano. L’ecologia vera non disgiunge ambiente, natura e storia di un paesaggio.
Per tutelare, però, bisogna conoscere, ed è a questa esigenza che risponde una recente pubblicazione curata da WWF Insubria: Il Sentiero dei Castagni. Un percorso di natura ed arte tra Belgirate e Stresa. Si tratta di una guida agile, ma ricca, che accompagna il lettore lungo i principali tratti del percorso, offrendo non solo indicazioni pratiche e una cartina aggiornata e di facile lettura, ma anche approfondimenti su flora, fauna, tradizioni locali e storia del paesaggio.
Il volume, corredato da fotografie d’autore e da interventi di studiosi e naturalisti, restituisce dignità e spessore a questi luoghi spesso percepiti solo come “di passaggio”, ignorando che custodiscono memorie antichissime: muretti a secco costruiti da generazioni di contadini, castagni secolari piantati quando l’”albero del pane” era ancora fondamentale per la sussistenza, e cappelle votive, spesso accanto o sopra massi coppellati misteriosi e antichissimi, che punteggiano le mulattiere come pietre di un rosario.
La guida del WWF non è pensata solo per i camminatori, ma anche per chi abita questi luoghi e li attraversa ogni giorno, a volte distrattamente. Invita a rallentare, a fermarsi, a guardare con altri occhi. E, nel farlo, assume anche un valore politico – nel senso più alto del termine -, perché fa capire che il paesaggio è un bene comune, qualcosa che si costruisce, si cura, si difende insieme.
Quel giorno, quando il gruppo svedese mi saluta e si allontana verso la dorsale, torno a sedermi sulla panca di pietra e ci resto ancora un po’, guardando il lago in lontananza, tra i rami dei castagni. Penso che, forse, la loro domanda – Are you a pilgrim? – non era poi così fuori luogo.
Perché chi cammina davvero tra questi boschi, chi ascolta le voci delle foglie, chi si lascia attraversare dal silenzio, è sempre un po’ in cammino. Non verso una meta precisa, ma verso un modo nuovo – o antico – di abitare la terra.
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