Domani a Milano sarà presentato il volume "Rimettere al centro Cristo e lui solo", raccolta di esercizi spirituali tenuti da mons. Luigi Negri nel 2016
Pubblichiamo un estratto del libro Rimettere al centro Cristo e lui solo, volume che raccoglie gli esercizi spirituali predicati da mons. Luigi Negri al Monastero cistercense di Nostra Signora di Valserena nel 2016. Insieme alla badessa, suor Maria Francesca Righi, l’Associazione culturale Tu Fortitudo Mea ha voluto fortemente la pubblicazione postuma di questo volume perché lo ritiene un contributo estremamente significativo e attuale. Anche l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, in un messaggio di ringraziamento all’Associazione si è detto “impressionato dalla ricchezza del materiale, dai giudizi perentori, dalla proposta di conversione alla centralità teorica e pratica di Cristo”.
Sabato 24 maggio, alle ore 21, si svolgerà presso il Teatro Rosetum, via Pisanello 1, Milano, la presentazione del libro. Interverranno come relatori suor Maria Francesca Righi, badessa del Monastero cistercense di Nostra Signora di Valserena (autrice dell’introduzione) e mons. Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia. Modererà l’incontro Vincenzo Sansonetti, scrittore e giornalista.
La Chiesa è nata dalla presenza e dall’intervento dello Spirito e la sua natura è sacramentale, non elettiva o rappresentativa. La Chiesa nella sua storia ha spazzato via queste tentazioni, che sono tentazioni ideologiche: la Chiesa non è né dei religiosi né dei dotti; non è nemmeno di un’autorità concepita assemblearmente, ma è di Cristo, che la guida attraverso quelle strutture oggettive che sono emerse dopo i primi decenni e che da secoli stanno. La difesa di esse coincide con la difesa stessa della fede.
Nella sua ironia fortissima, anche se molto misurata, che io gli invidiavo molto, Benedetto XVI, durante i lavori del Sinodo al quale ho partecipato, lo ha ribadito in modo estremamente chiaro: “La Chiesa non comincia con il ‘fare’ nostro, ma con il ‘fare’ e il ‘parlare’ di Dio. Così gli Apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una Chiesa, e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione. No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce, le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti; solo Dio può testimoniare che è Lui che parla e ha parlato.
Pentecoste è la condizione della nascita della Chiesa: solo perché Dio prima ha agito, gli Apostoli possono agire con Lui e con la sua presenza e far presente quanto fa Lui. Dio ha parlato e questo ‘ha parlato’ è il perfetto della fede, ma è sempre anche un presente: il perfetto di Dio non è solo un passato, perché è un passato vero che porta sempre in sé il presente e il futuro. Dio ha parlato vuol dire: ‘parla’. E come in quel tempo solo con l’iniziativa di Dio poteva nascere la Chiesa, poteva essere conosciuto il Vangelo, il fatto che Dio ha parlato e parla, così anche oggi solo Dio può cominciare, noi possiamo solo cooperare, ma l’inizio deve venire da Dio” (Benedetto XVI, Meditazione nel corso della prima congregazione generale, XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 8 ottobre 2012).
Alle guide della Chiesa spetta la cura del popolo cristiano, l’annuncio, la predicazione, l’amministrazione dei sacramenti e poi tutta quella intensa vita di carità che scaturisce dal cuore della Chiesa e che coinvolge immediatamente, senza soluzione di continuità, i figli vicini e lontani, perché la carità è universale, in quanto è l’esperienza del cuore di Cristo che diventa il nostro cuore. Il cuore di Cristo, infatti, contiene tutta l’umanità, anche in senso storico, perché ciascuno di noi è stato ospitato e accudito nel cuore di Cristo.
Perciò la nostra carità è un riverbero. Occorre però tenere presente che è carità insegnare; è carità raccogliere le dimensioni essenziali dell’insegnamento, della tradizione magisteriale. La Chiesa ha curato che esistesse almeno la tradizione magisteriale del Vescovo di Roma, ma non in modo esclusivo, perché ogni diocesi, che si sente degna di questo nome, dovrebbe conservare le linee del magistero dei suoi vescovi, senza alternative con quelle del Papa ma in modo integrale e integrativo.
È la bellezza di un corpo unico che, accudito unitariamente, da luogo alle più belle diversificazioni e questo è il tema del carisma, che affronteremo in seguito, perché la Chiesa è una ma “circumdata varietate“, come diceva sant’Agostino commentando il Salmo 44, con una varietà infinita, varietà innanzitutto di persone, di stati di vita, di vocazioni.
Dobbiamo curare che anche la vocazione sia l’espressione della personalità singolare. Ci sono indicazioni generali sul modo con cui vivere il sacerdozio ma non c’è uno schema univoco; c’è un’immagine consolidata dalla tradizione dell’esperienza matrimoniale, esiste una legge fondamentale relativamente ai fattori costitutivi della famiglia, ma la modalità con la quale la famiglia vive la sua esperienza di santità cristiana e di impegno umano rimanda alla creatività della persona.
Giovanna Beretta Molla ha vissuto eroicamente una dimensione che un’infinità di donne e madri cristiane hanno vissuto nei secoli: difendere il valore della vita contro qualsiasi tipo di condizionamento, fosse anche quello della propria salute fisica. E la famiglia diventa non soltanto l’ambito dove l’uomo e la donna, ciascuno dei due, trova la propria espressione vocazionale adeguata ma, nella loro unità, anche l’espressione di una vocazione ecclesiale, che nasce dalle due diversità ma che ha un carattere unitario. È per questo che Giovanni Paolo II ha cominciato a beatificare e canonizzare le famiglie, non soltanto i suoi membri presi singolarmente. […]
Quindi io credo che il magistero sia un dato inevitabile, sia una struttura fondamentale della Chiesa: se lo togliessimo, la vita della Chiesa sarebbe poverissima come consapevolezza e ritorneremmo paradossalmente agli inizi. Ma gli inizi culturalmente sono molto meno ricchi di oggi, come diceva Newman: tutto il cammino di vita della Chiesa ci consente di stare di fronte alla fede con una maturità che i primi non avevano, certamente non per colpa loro. Sarebbe invece colpa nostra, se ci mettessimo di fronte ai contenuti della fede senza i grandi documenti che hanno segnato la vita della Chiesa in maniera straordinaria […].
La Chiesa ha camminato grazie all’autorità che l’ha fatta camminare, grazie alla predicazione, puntualmente attuata, e grazie alla vita sacramentale che ha formato, di generazione in generazione, un popolo cristiano. Spero di essere riuscito a indicare questo fervido movimento nel quale la Chiesa si è ritrovata ad essere sé stessa, non per una decisione dal basso, non per una assemblea costituente, ma perché la vita di comunione, vissuta con radicalità, con intensità, non senza fatica, ha fatto emergere queste strutture inesorabili e insostituibili.
(Luigi Negri, Rimettere al centro Cristo e lui solo, Nerbini, Firenze 2024, pp. 109-113)
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