LETTURE/ Pomilio e i Tarquini, rivivere (oggi) i segreti di Roma antica

- Silvia Stucchi

Nel suo ultimo romanzo, “I Tarquini. La dinastia segreta”, Emma Pomilio dà spessore storico e pathos narrativo alle leggende che crediamo di conoscere

roma statue uomini storia pixabay1280 640x300 (Foto di Mauricio A. da Pixabay)

Romolo e la fondazione della città sul Palatino, il Ratto delle Sabine, la successiva pacificazione con Tito Tazio e la diarchia, i leggendari sette re, i re etruschi, l’origine servile del sesto sovrano, Servio Tullio, autore della riforma militare e costruttore della cinta difensiva nota con il nome di “mura serviane”: tutte nozioni che una certa prassi scolastica forniva, in modo molto elementare e schematico, e che venivano rubricate come “leggende”.

In verità, le leggende sulle origini di Roma, grazie ai ritrovamenti archeologici, e agli studi più recenti (come gli scavi condotti e coordinati da A. Carandini nel corso di molti anni), ma anche grazie a reperti ormai celebri come il ciclo pittorico della famosa Tomba François di Vulci, oggi, ci appaiono come racconti radicati in un fondo di realtà storico-archeologica. Ciò sta portando, a livello di grande pubblico, a un fiorire di film e libri dedicati alle origini dell’Urbe: pensiamo a Il primo re, la pellicola diretta da Matteo Rovere, e distribuita nelle sale lo scorso inverno, e all’omonimo volume pubblicato per Mondadori da Franco Forte e Guido Anselmi. Emma Pomilio, invece, con I Tarquini. La dinastia segreta (Mondadori, 2019), esplora, sempre tramite la forma del romanzo storico, l’insediarsi in Roma della dinastia etrusca dei Tarquini, a partire dalle vicende del primo di questi tre sovrani, Tarquinio Prisco.

La leggenda lo dice di origine semigreca, figlio di padre originario di Corinto e di madre etrusca. L’autrice, Emma Pomilio, laureata in lettere classiche alla “Sapienza” di Roma e particolarmente interessata, nei suoi studi, all’istituto della schiavitù, nel romanzo dà al protagonista il nome di Licomede, usato perché Cicerone lascia intendere che il primo dei Tarquini avesse in origine un nome greco, ma non dice quale. Pomilio immagina dunque Licomede che, diventato un ricchissimo mercante di Tarquinia, non può comunque aspirare, data la sua condizione di mezzosangue, a una carica politica nella città dove è cresciuto e da cui è originaria la madre; ma con la sua sposa, la potente profetessa Tanaquil, che lo preferisce all’altro suo corteggiatore, il principe Murinas, Licomede si trasferisce a Roma, dove prenderà il nome di Tarquinio. Accolto benevolmente dal Re Anco Marcio, contribuisce ad arricchire in splendore e civiltà l’Urbe, cominciando la costruzione di importanti monumenti (la Cloaca Maxima, in primis), e valendosi della sua perizia militare e dell’amicizia con il potente capo mercenario Vibenna per conquistare le città vicine e respingerne gli attacchi.

Ben presto, Licomede-Tarquinio comprende che la chiave del successo di Roma è la sua capacità di assimilare i popoli conquistati, di dare a tutti la possibilità di integrarsi, di diventare cittadini, di dare il proprio contributo nello sviluppo della città. Uno studio ormai famoso definisce la città di quell’epoca “la grande Roma dei Tarquini”, e davvero Roma diventa in questo periodo una potenza. Ma, in agguato, c’è un problema dinastico non da poco: il figlio del re, per evitare che la monarchia scada in tirannia, non potrà mai regnare. Tarquinio viene quindi scelto come erede dal vecchio re Anco, ma anche come tutore dei suoi piccoli figli, il maggiore dei quali dovrà succedere a Tarquinio, avendone sposata la figlia. Tuttavia, Tarquinio cela un segreto, il cui mantenimento costerà sangue e dolore, soprattutto alla bella profetessa Velia: Servio Tullio, giovane schiavo, nato da Ocrisia, bellissima prigioniera di guerra, moglie di Tullio, principe di una città conquistata, è figlio illegittimo del re. Si prospetta una lunga e sanguinosa lotta dinastica, che rischia di spezzare la famiglia, e che metterà Tarquinio e Tanaquil più volte di fronte a un pesante dilemma etico: far prevalere nel loro animo il sentimento genitoriale, o il senso di responsabilità verso un sogno più grande, che travalica i loro affetti familiari, ovvero verso Roma?

Il libro, come annota nelle ultime righe della postfazione l’autrice, andrebbe corredato di un altro volume di sole note, ma naturalmente questo non è possibile: il lettore affascinato dalle vicende che porteranno al consolidarsi della potenza di Roma nel Lazio, però, può essere intelligentemente spronato da questo romanzo ad approfondire le sue conoscenze storiche relative a questo periodo.





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