"Calvario in Cina" è l'autobiografia di padre Greene, missionario in Cina al termine della WWII, imprigionato e condannato durante l’ascesa del comunismo
Robert William Greene nasce a Jasper, Indiana, il 12 giugno 1911. Fin da piccolo sente un grande desiderio di diventare sacerdote. Nel 1934, dopo gli studi in seminario, entra nel Noviziato di Maryknoll, la Società per le missioni estere degli Stati Uniti d’America (società di diritto pontificio). Tre anni dopo, il 16 giugno 1937, è ordinato sacerdote nel seminario di Maryknoll a New York.
Dopo l’ordinazione, padre Greene è inviato alla missione di Maryknoll a Kweilin, nella regione montuosa di Kwangsi, nella Cina meridionale al confine con il Vietnam. Arriva a Kweilin nel settembre del 1937, dove rimane per tutta la Seconda guerra mondiale. Impara rapidamente la lingua locale, il mandarino meridionale, e serve come parroco nelle missioni di Pingle e Yongfu. Il compito dei missionari è fondare parrocchie, costruire dispensari, promuovere programmi sanitari per fermare la diffusione delle malattie.
Nel 1944 è cappellano del personale dell’U.S. Army Air Corps della base di Guilin, da dove i bombardieri americani operano contro i giapponesi. La base viene bombardata più volte. Nel 1947, al termine della guerra, è nominato parroco della missione di Tungan, dove ripristina le stazioni missionarie, costruisce scuole e orfanotrofi per i rifugiati, fonda la Legione di Maria e opera molte conversioni al cattolicesimo, sperimentando la grande devozione della gente alla propria fede.
Nell’ottobre 1949 Mao Ze Dong in un discorso nella piazza Tienanmen di Pechino proclama la nascita della Repubblica Popolare. Il 19 dicembre 1949, quando i comunisti arrivano a Kwangsi (Gwangxi) oltre a padre Greene si trovavano a Tungan altri due missionari statunitensi: padre Gregory Gilmartin e padre Irwin Nugent. A partire dal giugno 1950, allo scoppio della guerra di Corea, i comunisti cinesi prendono il controllo della Cina meridionale, della città e della missione, iniziando a limitare i movimenti dei tre missionari.
Nel mese di ottobre, quando il regime di Pechino entra in guerra a fianco della Corea del Nord, i tre sono messi agli arresti domiciliari. Sono trattenuti in luoghi diversi, e non sanno nulla della sorte degli altri. Padre Gilmartin sarà espulso dalla Cina sei mesi dopo, il 9 aprile 1951, seguito pochi giorni dopo da Padre Nugent.
Il Partito comunista cinese incoraggia i cattolici cinesi a non riconoscere l’autorità papale, espressione dell’imperialismo. A partire dal 15 ottobre 1950 padre Greene è confinato nella sua missione agli arresti domiciliari, che si protrarranno per sedici mesi.
Ha il permesso di uscire per 20 minuti ogni tre giorni per comprare del cibo. Nella stanza in cui viene imprigionato, sorvegliato a vista, celebra la messa mentre le guardie dormono. Dalla sua finestra assiste impotente ai processi popolari, alle campagne di indottrinamento e alla feroce persecuzione dei suoi parrocchiani. In seguito, diverrà lui stesso vittima della violenza del nuovo regime.
Il 3 aprile 1951 i comunisti procedono al suo arresto e alla sua formale incriminazione, accusandolo di essere un falso prete e una spia. Usano come prova una fotografia che gli era stata sottratta, poi ritoccata, nella quale sulla sua tonaca sono state sovrapposte le insegne dell’esercito degli Stati Uniti. Lo rinchiudono in una piccola cella senza servizi igienici e da quel momento cominciano a sottoporlo quotidianamente a pesanti interrogatori, che si protraggono dalle prime ore della sera fino alle prime ore del mattino seguente, nei quali gli aguzzini cercano di costringerlo ad ammettere di non essere un prete bensì una spia degli imperialisti americani.
Padre Greene è sottoposto ad un vero e proprio calvario, segnato da privazioni e torture fisiche e psicologiche. Riesce comunque a mantenere la sanità mentale concentrandosi sul Santissimo Sacramento, che aveva nascosto nella canonica, e che non era stato trovato.
Nella sua autobiografia scrive: “Non importava quanto mi torturassero. Pensai a tutti gli altri preti che sicuramente avevano sofferto come o più di me. Potevo offrire questo mio calvario, tutte quelle calunnie, quelle falsità, per loro e per i miei fedeli”.

Nel frattempo, il 26 giugno 1951, la stampa comunista orchestra una campagna diffamatoria contro il nunzio apostolico mons. Antonio Riberi, la Chiesa cattolica e la Legione di Maria. Anche monsignor Riberi viene messo agli arresti domiciliari. Nel mese di settembre la Legione di Maria viene dichiarata organizzazione reazionaria e messa fuorilegge. Molti dei suoi membri sono arrestati. L’8 settembre mons. Riberi è espulso dalla Cina.
Per padre Greene iniziano i processi pubblici, dove l’imputato è giudicato con procedure “democratiche”. Il Partito comunista instaura una sorta di liturgia che il regime officiava in processi pubblici davanti alle folle urlanti per identificare e punire i nemici del popolo cinese. In queste occasioni falsi testimoni accusano l’imputato di reati commessi contro il popolo cinese. Nell’aprile 1952, dopo un anno in regime di detenzione, anche padre Greene subisce due di questi processi pubblici, che avvengono durante la Settimana Santa, una ricorrenza priva di senso per il regime, ma che per il sacerdote diventa il segno della sua partecipazione fisica alle sofferenze di Cristo.
Al primo processo, la domenica delle Palme, quattromila cinesi urlanti chiedendo la sua esecuzione. Al secondo, il 13 aprile 1952, domenica di Pasqua, persino il suo cuoco compare come testimone insieme ad altri nell’accusarlo di spionaggio, possesso di armi e munizioni, fornitura di denaro ai banditi, uccisione di soldati dell’Esercito Popolare di Liberazione.
Durante i processi viene tenuto contro un muro per ore, a testa bassa e con le braccia legate dietro la schiena, minacciato da un soldato che impugna un mitra, mentre la folla in delirio grida “Uccidi, uccidi!”. Al termine del secondo processo, i suoi aguzzini gli dicono che è stato giudicato colpevole, e condannato alla pena di morte tramite decapitazione.
Il giorno seguente, tuttavia, è miracolosamente liberato all’ultimo momento senza spiegazioni e deportato a Hong Kong. Anche il procedimento di espulsione prevede la prosecuzione dei riti del regime: viene fatto salire su un autobus e scortato fino al primo capolinea ferroviario di Kweilin. In ogni villaggio lungo il percorso viene fatto scendere e fatto sfilare per le strade, mentre la sua scorta informa gli abitanti dei suoi presunti crimini. Bandito per sempre dalla Cina, attraversa il confine con Hong Kong sotto scorta il 13 aprile 1952.
Debilitato dalla prigionia, molto dimagrito e debole, Greene torna al Maryknoll Center di New York per un periodo di convalescenza. Nel 1953 è nominato direttore spirituale del Seminario di Maryknoll, e per i successivi 40 anni presta servizio nelle sedi del Dipartimento Sviluppo di Maryknoll a Filadelfia, Detroit e Cincinnati.
Nel 1985 riesce a tornare brevemente in Cina sotto falso nome, incontrandosi con alcuni cristiani che ancora praticano la loro fede. Dal 2000 è pensionato alla Residenza di Santa Teresa, dove l’11 settembre 2003 muore all’età di 92 anni. Era sacerdote di Maryknoll da 66 anni.
La sua odissea è raccontata per la prima volta in un articolo di Henry R. Lieberman, apparso sul New York Times il 23 aprile 1952. Il giornalista aveva incontrato padre Greene il giorno precedente, due giorni dopo la sua espulsione a Hong Kong. Dopo il ritorno negli Stati Uniti padre Greene rilascia spesso interviste e partecipa a conferenze in molti centri cattolici e laici. Nel 1952 racconta la sua vita alla rivista Life.
In seguito, scrive il volume Calvario in Cina, nel quale racconta le sue esperienze di missionario e carcerato. Il libro, uscito per la prima volta negli Stati Uniti nel 1953, viene oggi riproposto in edizione italiana da Ares. Un volume che vale la pena di leggere, per conoscere la persecuzione dei cristiani in Cina da parte del regime comunista di Mao, ma soprattutto per approfondire la conoscenza della figura di padre Greene e comprendere la sua profonda fede, la sua dedizione alla vocazione e il suo coraggio di fronte a difficoltà straordinarie. Ci lascia una toccante testimonianza di fede e il commosso ricordo di tanti cinesi coraggiosi che pagarono di persona per la propria fede e il desiderio di libertà.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
