L’11 gennaio 2025 tutte le famiglie dei Francescani hanno celebrato presso il Santuario di san Damiano ad Assisi l’anniversario degli 800 anni del componimento del Cantico delle Creature scritto da san Francesco nel 1225. Tale componimento, chiamato anche Cantico di Frate Sole, scritto in volgare umbro, è considerato tra i primi testi della nascente letteratura italiana.
Il Cantico fu scritto dal Poverello a San Damiano, un anno dopo avere ricevuto le stimmate a La Verna, ormai quasi cieco e a seguito di atroci sofferenze causate da varie malattie, e soprattutto dopo che il Padre lo invitava a rallegrarsi nelle sue sofferenze perché gli aveva preparato un posto nel Suo Regno.
“Altissimu onnipotente bon Signore”, è questo l’incipit del Cantico e prosegue lodando tutti gli elementi della natura, e chiamandoli fratelli e sorelle, così lo “frate sole, sora luna e le stelle, frate vento, sor’acqua, frate focu, sora nostra madre terra” e conclude lodando il Signore per “quelli ke perdonano per lo tuo amore” e lodandoLo anche “per sora nostra morte corporale”.
In questo poema tutta la realtà è un bene perché è segno dell’amore di Cristo, perfino la morte, e ogni cosa vivente è occasione di lode, cioè di ringraziamento al Signore che l’ha fatta.
Già San Paolo (Ef 1,10) aveva parlato del disegno del Padre “…di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”, e nel testo L’imitazione di Cristo c’è la bellissima espressione: “Ex uno Verbo omnia et unum loquuntur omnia”, ogni cosa parla di una sola cosa, cioè di Cristo.
Il Cantico esprime quindi una spiritualità fortemente ancorata alla Tradizione ma anche alla terra, alla realtà materiale, all’esperienza delle cose belle ma anche a quella delle cose faticose, che a volte diventano obiezione alla fede stessa. Nel Poverello la fede diventa uno sguardo potentemente unitario su tutta la realtà cosi come è, senza ed,ulcorare nulla. È uno sguardo pieno di stupore, incantato e grato, uno sguardo da bambino.
A Milano, nel quartiere Fopponino, che storicamente era il lazzaretto della peste del 1630, nel 1961 – con l’impulso del cardinal Montini – si diede corso alla costruzione di una nuova chiesa su progetto di Gio Ponti, architetto di fama internazionale, e nel 1964 venne completata e solennemente dedicata a San Francesco d’Assisi.
L’interno della chiesa fu da subito impreziosito da numerose opere d’arte su impulso di Montini stesso ma anche di Gio Ponti.
Nel 1975 – esattamente 50 anni fa – si decise di completare l’arredo sacro della chiesa con una grande pala di altare che rappresentasse il Cantico delle creature di San Francesco, dando incarico al pittore torinese Francesco Tabusso (1930-2012) di realizzare la grande tela.
Cosi il Cantico delle creature è diventato la più grande pala di altare del XX secolo, una tela di metri 12×8 che rappresenta san Francesco immerso nella natura, con le allodole sulle sue mani e santa Chiara poco distante che lo guarda.
Il componimento scritto 800 anni fa dal Poverello trova così per la prima volta un’espressione artistica di dimensioni imponenti e di grandissima qualità artistica.
Francesco Tabusso è un pittore che guarda alla natura con rara sensibilità e con tale delicatezza di animo che le sue pennellate e i suoi colori sembrano suggerire più che descrivere il miracolo della vita che si dipana davanti agli occhi. Proprio la vita e la realtà come dono continuo.
Il pittore, nato in Lombardia ma vissuto a Torino, non lasciava nulla al caso, non improvvisava, non dipingeva in modo generico, ma curava nei dettagli “ciascuna” pianta e “ciascun” fiore perché ogni cosa è unica e irripetibile. Scriveva nel suo diario:
“Da tanto tempo salgo in studio a documentarmi sui minerali, piante, fiori e fossili. Leggo trattati di botanica e tento di ricostruire qui l’habitat di alcune alghe che mi affascinano. Ho bisogno di conoscere profondamente ciò che dovrò dipingere. Prima di dare il primo colpo di pennello, passano a volte anche dei mesi”.
La pittura di Tabusso – che a Torino era stato allievo di Felice Casorati – riesce così a restituire quello sguardo cosi pieno di innocenza e di purezza che era lo sguardo che il Poverello portava a tutto il creato.
Ed è questa la cifra dell’arte di Tabusso, ma anche della spiritualità che trasuda dal Cantico delle creature, cifra che il suo maestro Casorati ha colto subito nella pittura del suo allievo, quando affermava che “L’innocenza, la semplicità, la naturalezza del suo modo di dipingere, dei suoi procedimenti tutti scoperti, mai truccati, riesce a nascondere ogni abilità tecnica, ogni fatica, così che la sua pittura facile, sembra un giuoco, un divertimento (…) e proprio perché manca di ogni ingombrante preoccupazione che potrei chiamare utilitaria, essa entra delicatamente nel magico regno della poesia”. Quello stesso regno in cui ci introduce il Cantico delle creature del Poverello.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.