Mentre giovani e cittadini di Beirut stanno devastando e assediando la zona del Parlamento, all’interno dei palazzi del potere il Governo di Hassan Diab si è appena dimesso: la duplice esplosione nel porto di Beirut e le fortissime proteste sorte contro il “regime corrotto filo Hezbollah” (tra le tante grida udite nelle piazze libanesi). «Le esplosioni sono state causate dalla corruzione endemica nel Paese», ha attaccato il Premier Hassan Diab nel suo discorso in cui rassegna ufficialmente le dimissioni dopo l’uscita di scena di tutti i Ministri nell’ultimo Consiglio d’emergenza convocato questa mattina. Una catena di dimissioni che ha posto senza fiducia la leadership del Premier Diab e, indirettamente, anche nel Presidente Michel Aoun che si trova ora costretto a convocare nuove elezioni dopo il disastro economico, sociale e ora anche politico del Libano. «Inizialmente, subito dopo l’esplosione, ero favorevole alle dimissioni del governo perché mi sembrava logico – aveva spiega il Ministro degli Interni Mohammad Fahmi parlando a Lbci solo ieri – Ma oggi che siamo sotto pressione dimettersi significherebbe sottrarsi alle proprie responsabilità. È vergognoso fuggire davanti alle proprie responsabilità». La pressione e l’assedio portato dai manifestanti a Beirut ha però convinto il Governo che l’opzione migliore fosse quella delle dimissioni di massa, anche se ora la polizia sta rispondendo sulla folla con il lancio dei lacrimogeni.
CAOS LIBANO: ORA CHE SUCCEDE
Mentre sono in corso le trattative tra il Presidente del Parlamento Nabih Berri e il partito sciita di Hezbollah per trovare una soluzione “tampone” per capire come traghettare il Libano verso nuove elezioni, emergono i primi dettagli della commissione d’inchiesta creata dopo il disastro del porto di Beirut che però non sono stati resi noti ma sono stati immediatamente consegnati al governo dimissionario di Hassan Diab. In attesa di capire se le vi siano novità sul fronte incidente o, al contrario, sulle tracce di potenziali indizi sull’ipotesi attentato, non sarà facile riuscire ad trovare un accordo elettorale con la stringente legge ancora vigente in Libano: come spiega il focus di Repubblica.it, «i capi delle comunità sono capaci di influenzare i loro elettori. Sciiti, sunniti, cristiani, drusi e tutte le 17 confessioni riconosciute nella Costituzione hanno poca libertà di manovra: di fatto sono costretti ad eleggere gli stessi capi-famiglia che negli anni sono diventati capi-mafia, impegnati nel depredare il Libano delle sue ricchezze». Nel frattempo è scontro nel Paese anche sui dati tremendi dell’esplosione di Beirut: il Governatore ha parlato di 220 morti e almeno 7mila feriti, con 14mila edifici coinvolti-distrutti dall’onda d’urto proveniente dal porto, mentre il Ministero della Salute ha aggiornato a solo 160 vittime e solo 20 dispersi, a fronte degli «almeno 100 libanesi» che ancora non si trovano.