Il governo della Libia dell’est non è riconosciuto, ma la UE parla con i suoi funzionari. D’altra parte pure a Tripoli si vorrebbe Haftar al governo
Due incontri, a Bruxelles e a Varsavia, su invito della commissione UE e dell’agenzia europea di frontiera e della guardia costiera.
Due appuntamenti per parlare di Frontex e dei migranti ai quali per la prima volta sono stati invitati funzionari del governo della Libia orientale e delle forze armate di quella parte di Paese, la Cirenaica, che non risponde al Governo di unità nazionale di Tripoli, presieduto da Dbeibah, unico esecutivo riconosciuto a livello internazionale.
Anche l’Unione Europea ora, come molti altri in questi ultimi tempi, ha scelto però come interlocutore Khalifa Haftar, il generale leader della Cirenaica, che da tempo intrattiene rapporti con i russi, i turchi, ma anche con gli americani e gli italiani.
Ormai, osserva Ibrahim Magdud, intellettuale e arabista libico, anche molti nell’opinione pubblica della Tripolitania lo vorrebbero al governo e lo vedono come figura che può unificare il Paese. Che però, almeno per il momento, resta molto diviso, con il potere di Dbeibah ancora molto instabile.
I funzionari di Haftar incontrano la Commissione UE per parlare di migranti. Il leader della Cirenaica ormai è diventato un referente anche per l’Europa?
Haftar è diventato un referente per tutti, dagli americani all’Unione Europea, ai russi: lo considerano come se fosse il Capo di uno Stato indipendente. Tutti parlano con lui, anche i turchi, che invece finora avevano sempre avuto rapporti soprattutto con Dbeibah.
Punteranno su di lui per unificare la Libia?
Haftar non ha mai parlato di dividere il Paese, né lui né suo figlio Saddam. Sembra, però, che anche nella parte occidentale della Libia, in Tripolitania, ci sia chi vorrebbe che fosse proprio lui a prendere il governo. Il problema è che in quella parte del Paese ora c’è Dbeibah, che viene riconosciuto dalla comunità internazionale.
Chi sono a Ovest quelli che vedono di buon occhio Haftar?
Certamente non le milizie, che non lo vogliono; si tratta piuttosto di una parte dell’opinione pubblica. A Tripoli, tuttavia, la situazione è ancora molto complessa.
Lo scontro fra le milizie che aveva fatto traballare Dbeibah è ancora in atto?

Per il momento non ci sono scontri perché ognuno rimane nella sua zona, quella in cui esercita il suo potere, con i suoi finanziamenti.
Dbeibah ha la possibilità di rimanere a capo del cosiddetto Governo di unità nazionale?
Dipende dalla volontà dei rappresentanti della comunità internazionale. Sono loro ad averlo messo lì, sono loro che lo possono togliere. Non è mica stato eletto dal popolo, ha assunto il suo incarico per decisione delle Nazioni Unite, votato da 72 persone all’Onu dopo un incontro a Ginevra e poi riconosciuto anche dal Consiglio di sicurezza.
Chi può decidere di rimuovere Dbeibah? All’Occidente almeno per il momento conviene cha a Tripoli comandi ancora lui?
Per adesso è così. Solo il Consiglio di sicurezza dell’ONU lo può togliere. Ora, però, nonostante la situazione di difficoltà e le tensioni fra le milizie, a tutti va bene che rimanga Dbeibah, basta che non ci siano scontri.
Gli inviati speciali dell’ONU che si sono susseguiti nel tempo (finora se ne sono visti una mezza dozzina) hanno sempre presentato le loro relazioni, spesso quasi uguali a quelle dell’anno precedente, al Consiglio di sicurezza, ma senza suscitare grande dibattito: di solito vengono lette senza che nessuno dica niente. Eppure quella è la sede dove possono essere prese le decisioni, come è stato fatto per il Kosovo e per tante altre situazioni.
Ma al Palazzo di vetro potrebbe essere presa in considerazione anche la figura di Haftar come interlocutore per la Libia?
Sì, potrebbero anche farlo, anche se fino a questo momento, in generale, non si sono presi la briga di decidere niente.
Gli americani sembrano tornati a interessarsi, almeno in parte, dell’Africa e della Libia. Possono giocare un ruolo nella definizione del futuro del Paese?
Gli americani dicono una cosa la mattina e un’altra la sera, non sono credibili. La questione libica non sembra interessarli molto, dicono semplicemente ai loro rappresentanti alle Nazioni Unite di votare in un modo o nell’altro.
(Paolo Rossetti)
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