Per leggere, nel cervello del lettore vengono attivati dei circuiti cerebrali deputati ad altre funzioni basilari, come la vista e il linguaggio. La lettura, infatti, non è una funzione basilare del nostro cervello: si tratta di un meccanismo complesso che viene descritto dalla neuroscienziata americana Maryanne Wolf nel saggio “Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale”. Come si sottolinea, ogni volta che leggiamo la nostra psiche si attiva per elaborare l’informazione e metterla in contatto con molte altre. Prima si accendono i circuiti della vista, del linguaggio e della cognizione in grado di mettere a fuoco e riconoscere la forma della parola. Dopo si attivano i neuroni delle funzioni motorie, e intanto le aree del linguaggio e della cognizione interagiscono con quelli dell’affetto che collega le parole alle emozioni, ai pensieri e ad altre connessioni.
In ogni circuito, si innesca un numero smisurato di attività con neuroni che trasportano informazioni lungo tutti i canali: il tutto, in una frazione di secondo. Nel suo saggio, Maryanne Wolf parla di tali meccanismi esponendo tutte le ragioni per cui non bisogna abbandonare i libri di carta. La questione principale riguarda come prepariamo i nostri figli e le nuove generazioni a confrontarsi con i nuovi strumenti e ad apprendere le nozioni necessarie. L’iperstimolazione visiva in cervelli non ancora totalmente formati porta infatti a una dipendenza da dopamina che induce alla continua ricerca di stimoli e alla perdita di concentrazione. Dunque, passare continuamente da uno stimolo ad un altro, riduce la capacità di apprendere in modo profondo secondo lo studio. La conoscenza avviene per analogia: senza conoscenze adeguate il meccanismo non funziona mentre se si hanno troppi input non si possono elaborare le analogie. Dunque bisogna condurre i bambini attraverso la doppia conoscenza, topografica e digitale. Andrebbero ad esempio introdotti i libri cartacei, abituando i più piccoli alla fisicità e favorendo l’arricchimento del lessico, per poi introdurre in un secondo momento i libri digitali.
Lettura digitale, cambiano anche i livelli di apprendimento
Su kindle o su carta, cambiano anche i livelli di apprendimento della trama. Anche solo dal punto di vista sensoriale, la lettura su carta aumenta la conoscenza e incrementa i livelli del cervello coinvolti, cominciando da tatto e olfatto. Inoltre il circuito cerebrale della lettura ha bisogno di richieste perché riducendo queste, vengono ridotte anche le capacità con il rischio di abituare il cervello a leggere in modo digitale e dunque distratto e a tratti anche superficiale. Se inoltre non si leggesse più su carta, mano a mano scomparirebbero i libri più lunghi e complessi e questo provocherebbe anche cambiamenti nel mondo dell’editoria. Secondo uno studio dell’Università della California, ogni individuo consuma ogni giorno 34 gigabit, l’equivalente di circa 100mila parole. La lettura diventa semplice divertimento informativo senza partecipazione emotiva e senza memoria: gli studi dimostrano infatti che abbiamo già iniziato a cambiare il nostro modo di leggere a causa degli strumenti digitali. La lettura digitale ci induce infatti allo skimming (lettura veloce) o skipping (salto di parti) o ancora browsing (scorrimento veloce).
Gli strumenti digitali possono rappresentare una ricchezza che se ben utilizzata è in grado di aiutare chi ha difficoltà nell’apprendimento tradizionale, come i dislessici. Si potrà così condurre un’alfabetizzazione, tradizionale e digitale. Se i due mondi fossero integrati, fornendo anche formazione degli insegnanti, sarebbero in grado di ridurre la disparità di accesso sia ai libri che agli strumenti digitali. Questo potrebbe dunque porre le basi per un’ulteriore crescita intellettuale e conoscitiva. Serve però uno sforzo per far sì che gli strumenti coesistano e che il digitale non soppianti completamente il cartaceo: se così fosse andremmo incontro ad un minor sforzo intellettuale e in poche parole all’atrofia.