A Storie Italiane nuovo focus sull’omicidio di Liliana Resinogich, la donna trovata senza vita il 14 dicembre del 2021 a Trieste, che secondo chi indaga sarebbe stata uccisa dal marito, Sebastiano Visintin, unico indagato in questa vicenda iniziata 3 anni e mezzo fa. Il talk di Rai Uno ha avuto in collegamento da Trieste, proprio dal boschetto dove è stato ritrovato il cadavere di Liliana Resinovich, Claudio Sterpin, grande amico della vittima: proprio Claudio sarà chiamato nelle prossime settimane all’incidente probatorio, cristallizzando le sue dichiarazioni. “Non farò altro che ridire per l’ennesima volta ciò che ho già detto, non c’è altro da dire è tutto la, la nostra storia è precedente”, racconta Claudio Sterpin.
“Da come diceva lei l’amore era scomparso da tempo, lei continuava a starci perchè era l’unico marito che aveva avuto, e il matrimonio era per lei una cosa sacra, come lo consideravano le nostre nonne. Quando si fermava a casa mia lei diceva che non avrebbe lasciato in braghe di tela Sebastiano e questo dimostra ancora di più l’animo di Liliana, avrebbe potuto fregarsene bellamente. Ma era da anni che andava avanti questa situazione”.
LILIANA RESINOVICH, STERPIN: “LEI AVEVA DETTO CHE VOLEVA ANDARSENE…”
Claudio Sterpin prosegue: “Lei lo aveva detto a lui che sarebbe andata via di casa e non è da escludere che Sebastiano spiasse il telefono di Lily, motivo per cui sono convintissimo che lui sapesse tutto”. Claudio Sterpin ha recentemente spiegato che Sebastiano saprebbe tutto e a riguardo ha spiegato: “Io spero non sia lui l’artefice, ma questo è un fattaccio premeditato, è stato preparato prima, doveva succedere quel giorno perchè era l’ultimo che Liliana passava in casa sua, non è da escludere abbiano litigato nelle ultime ore, c’è la testimonianza dell’albergatrice del 25 ottobre che ha parlato di un grande litigio e io le credo fino all’ultima sillaba, una non può inventarsi cose di questo tipo di sana pianta”. Va comunque precisato che la procura non parla di premeditazione, mentre si parla di un’aggressione avvenuta esattamente presso il boschetto.
LILIANA RESINOVICH, LE PAROLE DI DE RENSIS E SQUITIERI
“E’ difficile da provare quando e dove Lily è stata uccisa – aggiunge Claudio Sterpin – ma soprattutto è da provare se, come viene detto, Liliana è stata ferma qui per 22 giorni. Allora quel luogo era completamente selvaggio infatti hanno dovuto aprire un varco per portarla fuori dal boschetto. E’ stato azzerato completamente un cespuglione, hanno anche tagliato la rete”.
E ancora: “Diventa quasi impossibile che a fare tutto questo sia stato sola una persona, Liliana Resinovich non è venuta qui di sua spontanea volontà e poi all’epoca era tutto una sterpaglia e ci si continuava a pungere. Inoltre ci sono qui vicino delle buche molto pericolose, sono profonde 20 centimetri e io mi son fatto male un paio di volte: qui da solo nessuno può aver portato Lily. Anche se lei era una persona minuta, una persona venendo in questo sentiero, per via di tutte quelle buche, cade una decina di volte. Ovviamente tutto deve essere provato, toccherà alla procura, e poi allora c’erano famiglie di cinghiali e l’avrebbero annusata in un paio di giorni e in pochi giorni veniva letteralmente distrutta”.
LILIANA RESINOVICH, LE PAROLE DI DE RENSIS E SQUITIERI
L’avvocato De Rensis, legale di Alberto Stasi, ha commentato: “Non bisogna mai avere paura di nuovi accertamenti e indagini, gli esserei umani possono sbagliare anche se medici, giudici, avvocati… sbagliano tutti quindi se si può sbagliare se è possibile si può anche rimediare”.
L’avvocato Squitieri, legale invece di Claudio Sterpin, aggiunge: “La condotta è sicuramente omicidiaria e violenta – dice in merito alla morte della povera Liliana Resinovich – La procura quando deve chiedere l’incidente probatorio è costretta alla formulazione di un capo d’imputazione facendo fede sulle deduzioni della propria consulente che è la dottoressa Cattaneo. Noi sull’affermazione che il corpo sia rimasto per 22 giorni nel bosco abbiamo sollevato le nostre riserve proprio perchè all’epoca esisteva una fauna talmente variegata che il corpo che ci sembra davvero troppo intatto. Il capo d’imputazione – aggiunge – è provvisorio, con il progredire del processo costruisce… l’indagato per il momento è uno ed è giusto che venga elevato a suo carico questa situazione. Anche io ho delle perplessità: può essere un solo soggetto nell’occultamento del cadavere?”.
LILIANA RESINOVICH, STERPIN “LEI MAI NON MI AVREBBE AVVISATO”
Claudio Sterpin ha ripreso la parola: “Da una decina di giorni Lily mi aveva detto che voleva dire tutto a Sebastiano e potrebbe averglielo detto un paio di giorni prima ma ripeto, non è escluso che lui sapesse di noi da mesi, spero che con una perizia si possa dimostrare”. E ancora: “Sebastiano io non l’ho conosco più di tanto, dice di essere sereno? Beato lui. Di fronte a queste cose essere tranquillo e sereno… io non lo sono per niente, come si fa a trovare la serenità in un fatto del genere? Io sono tre anni e mezzo che non sono sereno, mi sono mangiato decine di notti insonni, potrei fare la lista”.
Sul fatto che Claudio Sterpin abbia iniziato a fare subito chiamate il 14 dicembre 2021: “Io aspettavo una sua telefonata, lei sapeva cosa avrei provato se non avesse dato un segnale, lei avrebbe trovato qualsiasi modo per farmi avere una comunicazione, non era da lei assentarsi. Una volta mi ha telefonato una decina di volte per un ritardo di dieci minuti. Io ero convinto che fosse successo qualcosa, ma non potevo immaginare cosa, aveva detto che male che andava si sarebbe rifugiata presso un’amica o una cugina, aveva mille luoghi dove andare, ma mi avrebbe comunque avvisato. Lei ostentava sicurezza negli ultimi giorni sul fatto che avrebbe trovato modo di dire tutto a Sebastiano, ma dopo che non mi dava un segnale io mi sono preoccupato molto. Ripeto, anche senza telefoni avrebbe chiesto ad un passante X il telefono per tranquillizzarmi, lei sapeva come stavo”. De Rensis aggiunge: “Le dichiarazioni, quando un caso diventa mediatico, anche se fatte al di fuori di un ambito istituzionale, devono essere considerate. Noi abbiamo casi dove delle persone parlano liberamente davanti alle telecamere e poi si rifiutano di parlare con gli inquirenti”.