LILIANA RESINOVICH, IL GIALLO DELLA FRATTURA DELLA VERTEBRA
Rischia di complicarsi la ricerca della verità sulla morte di Liliana Resinovich, perché la frattura della vertebra scoperta nella seconda autopsia, quella che ha sollevato domande sulle cause della lesione e sul momento in cui sarebbe avvenuta, potrebbe essere stata causata da un tecnico dell’obitorio.
A svelare il clamoroso retroscena è Il Piccolo, secondo cui un tecnico triestino, presente alla prima autopsia del 2022 in qualità di preparatore anatomico, si è presentato spontaneamente alla procura di Trieste, che sta indagando sul caso, dichiarando che potrebbe essere stato lui a causare la frattura alla vertebra durante le manovre sul cadavere. Si tratta di una figura che supporta i medici legali o gli anatomopatologi per gli esami da effettuare e per le attività preparatorie dei cadaveri.
La sua ipotesi è che alcune operazioni tecniche che ha eseguito potrebbero essere la causa della lesione alla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica T2, non emersa nella Tac del 2022, ma nel secondo esame autoptico dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo che ha realizzato la super perizia.
COSA CAMBIA DOPO LE DICHIARAZIONI DEL TECNICO TRIESTINO
Proprio su questo aspetto si sta consumando uno scontro tra i legali di Sebastiano Visintin, marito di Liliana Resinovich indagato per omicidio, e i consulenti della famiglia di Lilly. I primi ipotizzavano che la frattura potesse essere stata causata dopo il ritrovamento del cadavere. Questa novità ha inevitabilmente implicazioni investigative, perché aumentano i dubbi sull’origine di quella frattura, anche se comunque, come evidenziato da Il Piccolo, tale lesione non è decisiva nel determinare se Liliana Resinovich sia morta per soffocamento esterno, che è una delle ipotesi investigative in campo.
Questo elemento tecnico potrebbero, però, attenuare il peso probatorio della frattura vertebrale, ritenuta da alcuni un possibile segno di violenza. Pertanto, la testimonianza del tecnico potrebbe essere rilevante per escludere la lesione come prova di omicidio, ma d’altra parte la super perizia parla di “complesso lesivo eteroinferto presente sul corpo della donna“, tale da suggerire, insieme ad altri fattori, “una dinamica omicidiaria estrinsecatasi a mezzo di soffocazione esterna diretta“. Comunque, il tecnico a breve sarà ascoltato direttamente dal pm Ilaria Iozzi, che sta guidando le indagini sulla morte della 63enne triestina.