Secondo un'analisi indipendente, l'Iran è riuscito a colpire almeno cinque basi militari di Israele: Iron Dome bucato grazie all'uso di droni kamikaze
Mentre Israele resta fortemente ancorato alla censura militare per evitare di rendere effettivamente noti e danni causati dalla guerra dei 12 giorni contro l’Iran, un team di ricercatori indipendenti dell’Università dell’Oregon esperti in rilevazioni satellitari dei danni causati dalle guerre, ha pubblicato i primissimi risultati delle lunghe analisi che sta conducendo sugli effetti del conflitto, stimando che la realtà sul campo sarebbe ben diversa da quella riportata da Tel Aviv e dall’IDF.
La versione ufficiale di Israele – riportata peraltro recentemente anche al Telegraph che ha diffuso le analisi dell’università dell’Oregon – è che “le unità interessate hanno mantenuto la continuità funzionale durante tutta l’operazione” militare dell’Iran ed è certo che almeno 36 missili hanno superato i sistemi difensivi dello stato ebraico distruggendo (a vario titolo) le strutture residenziali e industriali e causando qualcosa come 28 morti.
D’altra parte, secondo i dati raccolti dall’università statunitense – ancora parziali e che saranno completati solamente tra un paio di settimane, con l’aggiunta dei dettagli relativi allo stato islamico – ci sarebbero concrete prove di danni causati dagli ayatollah ad almeno cinque basi militari in Israele, colpite da almeno sei differenti missili che sembrano aver bucato in modo piuttosto semplice le varie note difese missilistiche di Tel Aviv.
Nei primi giorni del conflitto, secondo i ricercatori, gli intercettori israeliani hanno avuto tassi di successo superiori al 90% (addirittura il 97 e il 96 per cento il 13 e 14 giugno), per poi calare progressivamente nei giorni successivi: in particolare tra il 19 e il 20 giugno il tasso di successo è rapidamente calato fino all’83 e all’85 per cento dei missili bloccati; mentre l’esercito di Israele dichiara ufficialmente un tasso di successo complessivo dell’87% nell’arco dei 12 giorni.
Il sistema difensivo di Israele e la strategia dell’Iran: ecco come gli ayatollah hanno “bucato” Iron Dome
Ampliando il nostro sguardo, è utile ricordare che seppur si tenda a pensare al noto Iron Dome come unico sistema di difesa missilistica di Israele, in realtà sono almeno 3 i sistemi: la già citata “cupola di ferro” serve esclusivamente per bloccare i missili a corto raggio – come ad esempio i mortai – e si completa con il sistema “David’s Sling” che intercetta i missili e i droni da circa 300 km di distanza dal punto di arrivo; mentre l’ultimo livello delle difese si chiama “Arrow” ed è specializzato per intercettare i missili balistici a lungo raggio e nel conflitto contro l’Iran – peraltro – lo stato ebraico ha potuto anche utilizzare il sistema difensivo mobile “THAAD” montato sulle navi statunitensi stanziate nel Mar Rosso.
Secondo quanto dichiarato dallo stato islamico – sempre da interpretare con il filtro della propaganda e fermo restando che a Teheran gli ayatollah stanno vendendo il conflitto con un successo – il “fallimento” dei sistemi di difesa di Israele sarebbe imputabile soprattutto all’uso congiunto di droni kamikaze e missili di vario tipo: i primi servivano proprio per tenere occupare e distrarre le difese aeree, permettendo ai secondi di raggiungere più facilmente i loro obbiettivi.