LO SFRATTO DI MORGAN/ Marco Castoldi, la casa perduta è la famiglia che non hai

- Paolo Vites

Lo sfratto di Morgan, una storia che nasconde brucianti verità

renato garbo Morgan Morgan

È difficile capire dove inizi Marco Castoldi e dove finisca Morgan. Davvero. Sdoppiamento di personalità? Non esattamente. Ricerca di una personalità piuttosto. Quella maturazione umana che il suicidio del padre, nel bel mezzo del periodo più critico della vita, la piena adolescenza, 16 anni, quel momento in cui si passa con travaglio enorme e dove più c’è bisogno delle figure genitoriali, probabilmente è rimasta bloccata da quel gesto terribile: “Mio padre, il giorno prima di uccidersi, mi aveva salutato dalla finestra, cosa che non aveva mai fatto. Io mi sono girato e ho detto “Ma perché?”. Aveva dei debiti, non tanti, ma li aveva, e io all’epoca avevo 16 anni. Lui mi ha dato un barattolino, dove si riponevano le pellicole fotografiche, ci ha messo centomila lire e me lo ha messo in mano. Poi ha salutato me e mia sorella, e si è ucciso quella mattina”.

Certi traumi rimangono tutta la vita. Per Marco, Marchino come lo chiama ancora oggi a 46 anni la madre, è stato facile affogare quel trauma nella vita dell’artista maledetto. Probabilmente Marco Castoldi è morto anche lui quel giorno ed è nato Morgan. Quanta cocaina abbia sniffato lo sa solo lui. Eppure è persona affascinante si piò stare ad ascoltarlo per delle ore. Il linguaggio elegante e forbito, la capacità di non far mai cadere l’attenzione, la voce quasi sexy e lo sguardo indagatore. E’ un uomo di cultura. Poi c’è la vita privata, il pessimo rapporto con una persona che avrebbe bisogno, ma tanto, anche lei di cure psichiatriche, Asia Argento, una figlia da lei e un’altra figlia da un’altra donna. Che la sua adolescenza sia rimasta bloccata quel giorno dell’11 ottobre 1988 lo fa capire lui stesso: “Quello che mi dispiace di più è che la famiglia che avevo da bambino non riuscirò mai a realizzarla con i miei, di figli. Sono quei momenti in cui la famiglia è in stato di grazia, e lì torno spesso col cuore, ma non con la mente. Perché non sono più quel bambino, quel bambino è morto. A un certo punto ho tolto le calze e non le ho più messe”. E ancora: “la voglia di fare il padre mi è venuta, mi è passata, mi verrà e mi ripasserà”. È vero, la famiglia con tutte le sue contraddizioni e anche il suo orrore, ha dei momenti che sono stati di grazia. Momenti di abbandono e abbraccio totale. Ma un padre non si misura con le voglie. Un padre “è”, nel bene e nel male.

Così nella sceneggiata che ha messo in piedi per lo sfratto da casa sua nessuno può dire se quello che sbraitava era Marco Castoldi o Morgan. Più il secondo forse, perché ne ha dette di bestialità. Della madre di sua figlia ha detto: “Lei ha firmato per lo sgombero della casa ma lo ha fatto per sadismo, perché è cattiva. Perché lei non ha bisogno di quei soldi, perché ne ha talmente tanti, ma talmente tanti…”. Ha incolpato colleghi e presunti amici musicisti: “Tutti, da Vasco, a Ligabue, Jovanotti… chiunque. Sono degli individualisti, egoisti a cui interessa solo fare il proprio disco”. Ma perché, i cantanti fanno parte di una società di mutuo soccorso che corre in aiuto dei colleghi? Per una cazzata come lo sfratto? Ma chi lo ha detto? Incolpare il prossimo è segno di instabilità e immaturità mentale. Se l’è presa con l’ufficiale giudiziario (“un boia”), con i poliziotti “faccia da sbirro, mi mette le mani addosso” “avete la faccia di chi ha sempre preso 5 a scuola”, “arrivano dei mostri e vi prendono la casa”. Dice che mentre loro mettevano mano alla fondina gli recitava Shakespeare. Poi torna alla luce Marco Castoldi: “Per me tutto ciò rappresenta un grande dolore che si aggiunge ad una vita complessa e tragica che trova un senso nella creatività ma è innegabilmente piena di ferite: io devo elaborare questa nuova sofferenza come si elabora un lutto, con forza e statura morale”.

La casa. Il luogo della famiglia. Anche la madre gli ha detto che questa storia è l’occasione per crescere. Quel bambino che a 16 anni ha visto il padre morire ha bisogno di una casa vera. Di momenti di grazia. Di amici veri. Non di fantasmi. Cazzo c’entra Ligabue? Morgan quel mondo ti sta uccidendo. Mollalo. Costruisci una casa dove tu sei il papà delle tue figlie.





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