Quattromila soldati della Guardia Nazionale, 700 marines, centinaia di arresti: i numeri della repressione nei confronti delle proteste, anche violente, che sono divampate a Los Angeles contro la deportazione di migranti illegali dimostrano la volontà di Trump di far pesare la sua azione su un tema che gli ha consentito di vincere la campagna elettorale, facendo dimenticare i suoi insuccessi, soprattutto in politica estera.
Ora però, spiega Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, negli USA, anche in vista della parata del 14 giugno, si rischiano disordini simili a quelli del movimento Black Lives Matter e una spaccatura nel Paese sempre più marcata. Se Trump calca i toni e ipotizza l’uso di Guantanamo, promettendo rimpatri anche per gli italiani senza permesso, anche il governatore democratico della California, Newsom, gioca le sue carte, provando ad accreditarsi come possibile candidato presidente per la prossima tornata.
Lo scontro è servito, anche grazie alle dichiarazioni sopra le righe di Trump, che ha apostrofato come “animali” (pagati) i manifestanti. Dove porterà l’America non è dato sapere.
Come mai Trump sta calcando la mano sui migranti mobilitando Guardia Nazionale e marines contro i manifestanti?
È il tema grazie al quale ha vinto due campagne presidenziali. Anche nel primo mandato è intervenuto in modo deciso, ricorrendo a iniziative controverse come la separazione dei bimbi dalle madri. Fu un metodo di dissuasione, anche aberrante, che puntava a disincentivare gli arrivi negli USA. Va detto che in California, dove la popolazione latina è molto numerosa, c’è anche una forte presenza di immigrati illegali.
Gli scontri si sono accesi in uno Stato democratico: una situazione che può essere letta anche politicamente?
Volendo, questa è anche un’occasione d’oro per il governatore della California, Gavin Newsom, che non ha mai nascosto le sue ambizioni nazionali, visto che è un possibile candidato dem per le presidenziali del 2028. Si sta giocando anche la sua partita, perché questa situazione lo ha messo a confronto direttamente con il presidente degli Stati Uniti. I toni sono alti, quasi fosse il leader dell’opposizione. Anzi, lui stesso si è autodefinito il leader della resistenza a Trump.
Al di là degli scontri e delle polemiche, su cosa si gioca la battaglia?
Newsom ha presentato un ricorso urgente contro il dispiegamento della Guardia Nazionale e dei marines, bloccato in attesa dell’udienza che dovrebbe esserci oggi. Trump, in questi come in altri campi, non ha mezze misure, ma i presupposti giuridici per agire non gli mancano. La Casa Bianca non ha formalmente invocato l’Insurrection Act, uno degli strumenti che possono consentirle di dispiegare le forze federali, però ha parlato dei manifestanti come persone che hanno avviato un’insurrezione.
Viene contestato anche l’uso della Guardia Nazionale da parte di Trump. Ha comunque il potere di inviarla là dove occorre?
L’intervento della Guardia Nazionale non è stato richiesto dai governatori, come invece è avvenuto in Texas, però è un cavillo: ci sono leggi che consentono al presidente di ricorrere a questa soluzione. E comunque le proteste, con devastazioni, 400 arresti, tafferugli, atti violenti, fanno un po’ il gioco di Trump, che da parte sua, come al solito, sta alzando la posta per testare il suo potere, per vedere fino a dove può arrivare e valutare la reazione dei suoi elettori. Questo per lui è un tema forte, mentre incontra una serie di difficoltà in politica estera, nella guerra in Ucraina, ma anche nelle trattative con l’Iran. Con la Cina c’è un accordo quadro sui dazi, ma non conosciamo ancora i dettagli. Doveva incentrare la seconda parte dell’anno sulla politica interna, ma anche l’iter della sua legge di bilancio è un po’ in salita.
La sindaca di Los Angeles, Karen Bass, ha detto che Trump sta usando la città come esperimento per vedere fino a che punto può arrivare con il resto del Paese. È così?
Bass è una sindaca democratica in uno Stato democratico. Non so se Los Angeles venga usata come esperimento, ma certo serve per alimentare la narrazione di Trump, la sua politica: ha vinto le elezioni promettendo una stretta sull’immigrazione. E nel suo programma si parla di legge e ordine: se interviene contro i manifestanti, come contestarglielo?
Cosa rischia Trump e cosa rischia l’America in una situazione del genere?
Tutto questo mi ricorda il 2020, l’inaugurazione del mandato di Biden, le proteste del Black Lives Matter, nate dalla morte di George Floyd per mano della polizia. Anche quell’episodio divenne una scusa per atti vandalici e violenti che resero le città invivibili. Teniamo conto poi che il 14 giugno, giorno del compleanno di Trump, è prevista una parata per celebrare i 250 anni dell’esercito. In quell’occasione la situazione rischierà di diventare incandescente.
A protestare non è solo Los Angeles, ma anche il Texas e New York. La situazione può sfuggire di mano a Trump?
Non credo, ma sicuramente c’è il rischio di scontri. Scommetto che blinderanno tutto. Anche i giornalisti avranno difficoltà a muoversi nelle città in questo stato, a causa della eccessiva politicizzazione della situazione, anche perché non si può negare che Newsom la sta cavalcando: ha fatto un intervento in tv quasi a reti unificate, ha parlato di “democrazia sotto attacco”. Magari, in vista delle presidenziali, avrà qualche chance in più rispetto a Kamala Harris, perché è maschio e bianco.
Anche per i democratici, assenti dalla scena politica, è il momento per battere un colpo?
Newsom lo sta facendo, i democratici non lo so. Sicuramente per il governatore questo è un test: vuole imporsi come l’anti-Trump.
L’opinione pubblica da che parte sta? Il tema dei migranti è talmente sentito che sostiene Trump nonostante i suoi modi bruschi per risolvere il problema?
L’America è spaccata, questo sì, anche se di fronte alla violenza, all’illegalità, la gente di buon senso vuole ordine, sicurezza. Non so se la maggioranza sia con Trump. I metodi del presidente sono sempre sopra le righe e, d’altra parte, ora al governo non c’è il Partito Repubblicano, ma c’è il MAGA, una nuova forma del partito in chiave trumpiana. Ricordiamoci poi che nei quattro anni di Biden non è che i democratici abbiano cambiato strategia sul tema dell’immigrazione.
C’è il rischio che la spaccatura negli States diventi sempre più profonda, che la situazione degeneri ulteriormente rispetto al livello di violenza registrato nel 2020?
Questo non lo so. Mi preoccupa la concomitanza con la parata militare: in un momento di tensione, le grandi manifestazioni celebrative rischiano di trasformarsi in qualcos’altro. È successo così con l’assalto al Congresso e le manifestazioni di protesta di Black Lives Matter. La spaccatura dell’America purtroppo non è nuova e c’è il pericolo che la situazione degeneri. Tuttavia, alla fine stiamo parlando di una grande democrazia, che ha degli anticorpi. Non so se questa considerazione possa valere più come auspicio che come certezza, ma mi auguro che questa situazione possa rientrare. Trump, poi, è un pragmatico: può tornare sui suoi passi con una certa spudoratezza.
Perché in questa situazione Trump ha annunciato l’uso della base militare di Guantanamo a Cuba, dove tra l’altro almeno fino a un certo punto si è parlato della possibilità di inviare anche degli italiani?
Guantanamo è un simbolo. Ci possono mandare soltanto gli immigrati illegali dei Paesi che non se li riprendono. Ma per l’Italia (ce ne sarebbero due), il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha già dichiarato che il nostro Paese è disposto ad accoglierli. È una struttura usata come deterrente, un modo per dire: “Non venite, altrimenti vi mandiamo a Guantanamo”. Simboleggia la tolleranza zero contro l’immigrazione illegale.
(Paolo Rossetti)
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