Joe Biden non ha commesso nessuna gaffe definendo «assassino» il presidente russo Vladimir Putin. Si tratta di un’affermazione precisa e pure necessaria secondo Edward Luttwak. Il politologo ed economista statunitense, osservatore sempre attento delle vicende internazionali, ha analizzato la durissima presa di posizione del presidente Usa ai microfoni dell’AdnKronos, arrivando ad una conclusione netta: «Putin ha ordinato l’uccisione di Alexei Navalny, quindi è un assassino». Anche lo studioso, dunque, bolla Putin come un «killer». Non nutre alcun dubbio riguardo il fatto che il presidente della Russia abbia provato ad eliminare colui che è il suo principale oppositore.
«A Berlino, dove Navalny è stato ricoverato, hanno dimostrato che è stato avvelenato con l’agente novichok, che è prodotto solamente da una entità al mondo, l’Fsb russo». Edward Luttwak ha indicato proprio nell’agente nervino la cosiddetta “pistola fumante”, in quanto lo definisce il “marchio di fabbrica” dell’intelligence russa.
“BIDEN NON HA VOLTATO SPALLE A NAVALNY”
Parlando proprio dell’oppositore russo Alexei Navalny, il politologo Edward Luttwak all’AdnKronos ha spiegato che si tratta di «un eroe internazionale», il quale ha costruito una organizzazione in grado di lanciare manifestazioni di protesta in tutta la Russia. Dunque, è «gente molto capace a livello mediatico». Non manca una critica a quella parte dell’Europa che gli volta le spalle. «Sono ciechi, perché lui parteciperà alle prossime elezioni e Putin sarà obbligato a rinunciare al velo elettorale o al Cremlino, il regime è traballante, l’economia russa è in cattivo stato». Navalny è, quindi, una minaccia concreta per Vladimir Putin. «La convenzione diplomatica di essere cortesi col leader avversario, in questo caso significa girare le spalle a un eroe». In questa circostanza, dunque, Joe Biden ha dimostrato di non aver voltato le spalle a Navalny, «che è il plausibile successore di Putin». Le parole del presidente Usa non sarebbero state neppure scelte a caso, anzi potrebbero essere frutto di una strategia, usate cioè come deterrente nei confronti del presidente russo, «che potrebbe essere tentato di ripetere la cosa», cioè «fare uccidere Navalny in carcere».