Immagini preoccupanti, che non si vedevano da tempo, e tanti cittadini con il fiato sospeso. L’allerta rossa scattata a mezzogiorno di venerdì ha interessato Firenze, Prato, Pistoia, Pisa, Livorno. Ieri, per fortuna, le autorità di Firenze hanno potuto declassare l’allerta, portandola ad arancione, ma Pisa l’ha prolungata fino alle 23.59 di ieri. Il bilancio parla di 1.471 cittadini isolati in 14 comuni, 248 evacuati.
A Firenze l’Arno ha superato il primo livello di guardia a 4 metri dopo le 20 di venerdì, ma il picco di piena è passato. A Pisa invece è arrivato al secondo livello di guardia con colmo di piena intorno ai 5 metri di altezza nella notte. Ma sono stati i numerosi affluenti a tracimare, provocando danni ingenti. La Sieve, affluente dell’Arno a monte di Firenze, è esondata in diversi punti – nel Mugello, la zona industriale di Vicchio è stata sommersa da quasi due metri di fango – e ha causato frane, interrompendo la circolazione in numerose strade.
A Sesto Fiorentino il torrente Rimaggio, che di solito è un rigagnolo dalla misera portata, ha tappato con fango e detriti il breve canale sotterraneo che lo ospita nei pressi della piazza del Mercato, ed è esondato nel centro cittadino con danni ingenti.
Ma andiamo oltre la triste cronaca. I problemi della valle dell’Arno e dei suoi affluenti sono noti dal 1966, dalla grande alluvione che mise in ginocchio Firenze e provincia. Da allora, nonostante i progetti ed i forti stanziamenti e le opere in parte terminate, molta strada resta da fare per mettere in sicurezza idraulica il territorio.
Questa volta il bacino principale dell’Arno ha retto, e la diga di Levane, sul banco degli imputati nel ’66, non ha dato problemi, nonostante richiedesse lavori con fondi già stanziati, ma fermi. Come le casse di espansione nel Valdarno superiore nelle province di Arezzo e Firenze: non sono ancora completate, nonostante la progettazione risalga al ministro Matteoli, ministro di Berlusconi in due governi. E la diga di Bilancino sulla Sieve, oggetto di polemica per il mancato svuotamento preventivo, con l’apertura dello scolmatore ha fatto il suo lavoro.
Ma i problemi sono sempre gli stessi. I politici locali chiamano in causa la Regione che a sua volta dice che tocca al Governo. Il presidente del consiglio regionale toscano, Antonio Mazzeo, ha riferito al Corriere Fiorentino di aver interessato il commissario Fitto per la creazione di un PNRR europeo apposito, contro il dissesto idrogeologico. Arriverà?
Il territorio non viene tutelato abbastanza. Eventi climatici sempre più forti e sempre più fitti mettono a dura prova strutture datate, incomplete e mal tenute. Nel Mugello e Valdisieve i residenti additano la cattiva programmazione edilizia e la cementificazione degli alvei fluviali e tutti, a fattor comune, criticano l’attività dei consorzi di bonifica, che trascurano la pulizia degli alvei fluviali, e dei comuni, che trascurano la manutenzione fognaria.
A Sesto Fiorentino, dopo l’alluvione nella piana fiorentina del 2023 che aveva già provocato ingenti danni, i consiglieri leghisti avevano presentato una mozione per sollecitare un controllo idrogeologico sul torrente Rimaggio, ma venne stata respinta dalla maggioranza. Anche qui i residenti riferiscono di un mancato ritiro degli sfalci nell’alveo del torrente.
È indubbio che i cambiamenti climatici stiano influendo negativamente sull’equilibrio idrogeologico dei territori e che l’Italia sia un Paese ad alto rischio idrogeologico. Ma l’uomo ha la responsabilità di tutelare l’ambiente. Insomma, tocca a noi. Urge un’assunzione piena di responsabilità a tutti i livelli, perché i fenomeni meteorologici si sono aggravati di intensità e “conoscono” perfettamente le fragilità create dalle nostre inadempienze. Soprattutto, presentano il conto.
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