MANI PULITE COS’È: IL SUICIDIO DI RAUL GARDINI UNO DEI MAGGIORI SCANDALI
Il suicidio di Raul Gardini fu uno dei momenti più drammatici dello scandalo Mani pulite. Dopo aver saputo dal suo avvocato che stava per essere coinvolti nelle indagini di Tangentopoli per Enimont, il presidente del gruppo Ferruzzi-Montedison si uccise con un colpo di pistola. Una vicenda che rientra nella cosiddetta “stagione dei suicidi” di Mani pulite, nome giornalistico che fu dato ad una serie di inchieste giudiziarie condotte in Italia nella prima metà degli anni ’90 da parte di diverse procure, in particolare quella di Milano. Una pagina della storia italiana che portò alla luce un sistema fraudolento e corrotto, che coinvolgeva la politica e il mondo dell’imprenditoria. L’impatto mediatico fu tale da decretare il crollo della Prima Repubblica, perché i partiti storici come DC e PSI si sciolsero e ci fu un profondo cambiamento del sistema partitico, oltre che un ricambio degli esponenti nazionali.
Mani pulite si apre con l’ordine di cattura chiesto e ottenuto da Antonio Di Pietro dell’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di spicco del PSI milanese. Chiesa fu colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente dall’imprenditore Luca Magni, il quale lo aveva denunciato ai carabinieri perché stanco di pagare. Magni, d’accordo con carabinieri e Di Pietro, portò all’incontro con Chiesa 7 milioni di lire, metà della tangente richiesta, armandosi di telecamera e microfono nascosti: l’appalto ottenuto dall’imprenditore era di 140 milioni e Chiesa aveva preteso per sé il 10%, quindi una tangente di 14 milioni. La notizia dell’arresto fece scalpore e diede di fatto inizio alla più grande inchiesta di corruzione della storia recente.
COS’È MANI PULITE, IL SISTEMA STRUTTURATO DI CORRUZIONE
Mani pulite, infatti, scoperchiò un sistema organizzato di corruzione usato da tutti i partiti per finanziare le loro attività e, in molti casi, arricchire politici e dirigenti. Ma è il nome della prima di queste inchieste, quella condotta da un gruppo di magistrati di Milano entrati nella storia italiana. Oltre ad Antonio Di Pietro, anche Gherardo Colombo, Ilda Boccassini e il procuratore Francesco Saverio Borrelli. Ma in tutto il paese furono condotte altre inchieste che coinvolsero centinaia di politici e imprenditori. Infatti, tra il 1992 e il 1996 ci furono circa duemila persone in media ogni anno indagate per corruzione, concussione e altri reati “contro i doveri d’ufficio”. Dopo quello di Chiesa, si susseguirono uno dopo l’altro altri arresti, in un effetto domino per il quale ogni indagato portava ad altri indagati.
I magistrati si resero, quindi, conto che non erano diversi casi di corruzione slegati, ma c’era un sistema strutturato in cui bisognava pagare tangenti, calcolate sull’importo totale dei lavori, per poterli vincere. Le tangenti venivano poi ridistribuite a tutti i partiti. Ad esempio, a Milano il 50% spettava al Partito socialista italiano (Psi), il 20% alla Dc, stessa percentuale al Pds, il resto ai partiti minori. All’inizio di Tangentopoli, i politici parlavano di poche “mele marce”, ma le inchieste raggiunsero una dimensione impossibile da trascurare. I magistrati di Mani Pulite furono accolti come eroi dall’opinione pubblica, che era stanca di corruzione e soprusi, e Di Pietro diventò uno dei personaggi più popolari. Ma non mancarono le voci critiche, come quella di Bettino Craxi e un gruppo di opinionisti e intellettuali, secondo cui le azioni del pool erano frutto di un disegno politico.
MANI PULITE, CRAXI TRA I PRINCIPALI BERSAGLI
L’ipotesi è che si volessero eliminare avversari politici per via giudiziaria, con l’aiuto di forze di estrema destra e sinistra, forse addirittura col beneplacito degli Stati Uniti, per via dell’atteggiamento troppo indipendente di Bettino Craxi. I magistrati furono criticati anche per i loro metodi. Gli indagati erano terrorizzati dal carcere, quindi confessavano. Infatti, i magistrati facevano ampio uso della carcerazione preventiva. Centinaia di persone, spesso anziani, quasi tutti ricchi e potenti, si ritrovarono arrestati, in alcuni casi di sorpresa e in piena notte, assediati da fotografi e giornalisti, umiliati pubblicamente e sbattuti in celle anguste. Ma c’era chi non reggeva neppure all’idea di vivere tutto questo. Infatti, si aprì la “stagione dei suicidi“. Tra la fine del 1992 e l’inizio del 1993 le inchieste di Mani Pulite si allargarono anche ai leader di partito. Il primo bersaglio fu proprio Craxi. Dopo un anno di indagini, oltre cento parlamentari e quasi tutti i principali leader di partito furono coinvolti nello scandalo. Il governo Amato provò a depenalizzare il finanziamento illecito ai partiti e a inasprire le pene per gli arricchimenti personali per mettere un freno, ma il decreto venne bloccato e il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di firmarlo.
Mani Pulite arrivò all’acme e Craxi cedette di fronte agli indizi dei magistrati: conti segreti in Svizzera, finanziamenti alle attività dell’amante e del fratello. Nel 1994 per la prima volta non fu rieletto in Parlamento in oltre 25 anni, quindi era senza immunità parlamentare. L’ex leader socialista, prima del sequestro del passaporto, lasciò l’Italia e si trasferì ad Hammamet, in Tunisia, dove restò fino alla sua morte. Le inchieste proseguirono ancora per anni, ma il numero di indagini per corruzione cominciò a calare sensibilmente solo a partire dal 1996 per poi non raggiungere mai più il livello toccato nel periodo precedente. L’anno in cui simbolicamente si chiude Mani Pulite è il 1994, e non solo per la fuga di Craxi. Quello è l’anno del trionfo di Silvio Berlusconi e Forza Italia, mentre i movimenti che avevano sostenuto i magistrati furono sconfitti.