La sanatoria dei migranti voluta fortemente dall’ex ministro Teresa Bellanova si è rivelata un flop, ma l’esponente di Italia Viva rivendica la sua battaglia. Netto il giudizio invece di Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio, che non ha usato troppi giri di parole per commentare il fallimento del provvedimento. L’ex ministro dell’Agricolutra ha spiegato ai microfoni di Omnibus: «Sicuramente la colpa è di una semplificazione che non si è voluta fare con coraggio. La mia battaglia ha portato ad adottare una norma da parte di persone, come Conte, che avevano votato il decreto Salvini. Ma poi sono stati messi paletti per rallentare la norma».
«Io nel dl semplificazioni avevo chiesto un intervento con risorse umane e finanziarie per accelerare l’elaborazione delle pratiche. Si è fatto ricorso ad una gara europea per assumere a tempo determinato 800 persone che devono elaborare queste pratiche», ha aggiunto Teresa Bellanova, che ha poi tenuto a precisare: «Non confondiamo la norma con la sua attuazione. Rifarei quella battaglia e la rifarei con maggiore forza. L’attuazione sta dimostrando che non siamo ancora un Paese in grado di vivere con grande civiltà. Non mi è stato riconosciuto neanche il valore delle dimissioni dal governo Conte, ma mi viene attribuita per intero il flop di questa norma. Usciamo dal politicismo, qui parliamo di persone».
SANATORIA MIGRANTI, MARAZZITI VS BELLANOVA
«Non c’erano le persone per elaborare queste pratiche, sono arrivate da poche settimane», la conferma di Teresa Bellanova al termine del suo intervento, mentre Mario Marazziti non è andato troppo per le lunghe: «Il flop c’è tutto». L’ex deputato ha argomentato: «Si sperava che 170 mila braccianti trattati inumanamente potessero emergere, ma in quel campo le domande sono state molto poche. Abbiamo avuto emersione dal sommerso dai lavori in famiglia, badanti, caregiver». Mario Marazziti ha aggiunto sul punto: «Sono stati tenuti fuori turistico-alberghiero e ristorazione, parte del sommerso. Il sistema ha avuto e continua ad avere paura, come se la regolarizzazione fosse a vantaggio degli immigrati e non del Paese».