Matteo Messina Denaro, cosa non torna della lunga latitanza del boss mafioso? Per Nino Di Matteo sarebbe stata coperta anche a livello istituzionale
Ci sono molte cose che non tornano nella lunga latitanza del boss ‘fantasma’ Matteo Messina Denaro, e su ciò accende i riflettori 100Minuti, il programma di approfondimento di La7 in onda oggi. È stato intervistato il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo che, stando alle anticipazioni, ha suggerito un coinvolgimento anche istituzionale: “Dobbiamo assolutamente ritenere che la latitanza di Matteo Messina Denaro sia stata coperta a un livello molto più alto, anche a un livello istituzionale”, ha infatti dichiarato il magistrato.
Dell’esistenza di una ‘fascia segreta’ è convinto anche il Ros dei Carabinieri, in particolare il colonnello Gianluca Valerio, che con la sua indagine si è messo a caccia dei cosiddetti ‘colletti bianchi’, su cui i mafiosi contano da tempo: una sorta di ‘fascia di riservatezza’ di cui farebbero parte funzionari, uomini delle istituzioni e imprenditori. Negli ultimi anni è emersa anche la voce di Piera Amendola, una delle massime esperte di massoneria, secondo cui “è più che possibile che una rete massonica abbia protetto Matteo Messina Denaro”.
LE IPOTESI SULLA RETE CHE HA FAVORITO LA LATITANZA DI MATTEO MESSINA DENARO
Ad avanzare l’ipotesi era stata l’ex procuratrice aggiunta di Palermo Teresa Principato, in un’intervista rilasciata a Repubblica dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. Parlò, infatti, di una copertura della latitanza di carattere massonico che protesse il boss in tutto il mondo. Principato ne seguì le tracce anche all’estero, arrivando alla convinzione che fosse inafferrabile. D’altra parte, era consapevole che la protezione non potesse essere solo massonica.
La sua lunga latitanza è senza dubbio uno dei capitoli più oscuri della storia recente del nostro Paese, perché suggerisce l’esistenza di connivenze e di una rete che comprende diversi livelli della società civile e delle istituzioni, che gli ha consentito di essere protetto per tutti questi anni e di sfuggire alle manette, senza rimanere nascosto, avendo potuto girare liberamente e vivendo addirittura a due passi dalla sua città natale.
Ad oggi, una rete estesa e strutturata di parenti, amici e professionisti, che ha permesso al boss mafioso di vivere indisturbato per anni, anche durante la malattia, è finita nel mirino della giustizia con diverse accuse, e molte condanne sono già arrivate. Ma evidentemente c’è ancora molto che non si sa sulla latitanza e su tutti i soggetti coinvolti.
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