Esame di maturità più veloce senza la terza prova: oggi si aprono già i colloqui per studenti e studentesse, il vero rebus di questo esame di Stato, anche perché indicazioni chiare non ce ne sono state e si andrà un po’ al buio. Ora però bisogna mettere da parte le polemiche perché il colloquio è questo e bisogna farlo al meglio, cioè in modo da mettere ogni studente nelle condizioni ottimali per far vedere le sue capacità critiche e creative.
Perché sia così bisogna capire le intenzioni del ministro più di quello che ha fatto o detto e metterle in atto dentro le diverse contraddizioni in cui ha lasciato l’esame.
La questione delle buste da estrarre è il primo nodo, perché il colloquio parte da lì. Chiaro che far iniziare il colloquio da un testo o un documento non conosciuto non è facile, ma l’intenzione del ministro è chiara e in linea con quello che dovrebbe essere il principio di base di questo esame, valutare le capacità critiche degli studenti e delle studentesse e quelle di cogliere i nessi tra le diverse discipline. Il ministro vuole che al colloquio ogni candidato o candidata dimostri di saper usare la ragione. Ogni studente dovrà mettersi in quest’ottica, ma anche ogni insegnante che dovrà aiutarli suggerendo dei nessi, aprendo delle connessioni, senza cedere alla tentazione di restare chiuso nel suo orticello limitandosi alla domandina sulla sua disciplina.
A questo riguardo bisogna dar merito a Bussetti di voler e giustamente eliminare la pratica degli scorsi anni del bombardamento di domande su ogni disciplina. Esce un documento su cui un commissario non trova il nesso? Stia zitto e colga la modalità e la ricchezza con cui il candidato o la candidata ha padroneggiato l’argomento. Lui non deve valutare se lo studente o la studentessa conosce la sua disciplina, non è oggetto d’esame!
Il secondo aspetto è quello della legalità, un campo aperto a mille interpretazioni. Entrando nelle intenzioni del ministro è sembrato di capire che Bussetti abbia posto l’attenzione alle problematiche che vanno sotto il titolo di “educazione civica” non tanto perché si faccia una valutazione nozionistica del sapere civico, ma perché si veda come un ragazzo o una ragazza sa rendere ragione concretamente della sua maturazione civica. Sarebbe bello che agli studenti e alle studentesse venga data la possibilità di raccontare esperienze concrete così che attraverso queste possano dire cos’hanno imparato per la loro vita.
Stessa cosa per il terzo aspetto del colloquio, quello che riguarda l’alternanza scuola-lavoro. Non dovrebbe essere la pura relazione di ciò che uno studente o una studentessa ha fatto, ma implicare un approccio critico: ognuno od ognuna di loro dovrebbe far capire alla commissione le competenze che ha acquisito e come ha fatto, così come dovrebbe poter dire i punti deboli del percorso fatto.
Il ministro vuole che quello dell’esame di Stato sia un colloquio, gli studenti e le studentesse devono impostarlo in prima persona, gli insegnanti devono stare a ciò che pongono gli studenti: questo è colloquio, che dialoghino con ciò che viene loro proposto.
È’ evidente che il colloquio chiede a studenti e a studentesse di essere protagonisti, ma agli insegnanti chiede ugualmente molto, chiede che cambino il modo di fare il colloquio; chiede che imparino a dialogare.