Il suo nome è inevitabilmente tra i più importanti della storia della musica: Mauro Pagani è un veterano nel mondo della discografia italiana. Polistrumentista e produttore, nella sua lunga carriera ha collaborato con i più grandi artisti sul panorama italiano: Zucchero, Guccini, Ligabue, Vecchioni ma anche e soprattutto Fabrizio De André, con il tempo diventato suo grande amico. Il primo capolavoro insieme è l’album Crêuza de mä, nel quale il dialetto genovese prende vita. Inizialmente, l’idea era un’altra: quella di creare una lingua tutta nuova.
Al Corriere, Pagani racconta: “Beh, c’è da dire che De André ed io avemmo subito la sensazione di essere sulla buona strada. Ma la svolta arrivò quando ci domandammo: perché non inventiamo una lingua nuova, un grammelot, la lingua dei marinai, un miscuglio di italiano, spagnolo, portoghese, arabo?”. Dopo qualche giorno, una nuova idea: “Fabrizio era felice. Ci sembrava di aver toccato la corda giusta. Invece un paio di giorni dopo mi chiamò: Mauro, non c’è bisogno di creare un nuovo vocabolario. È il genovese la lingua che cerchiamo. Suoni, assonanze, elementi evocativi: c’è tutto. Genova è una città di mare, si porta dentro l’idea del viaggio, della scoperta, del mondo che cambia”. Pagani accolse bene la novità: “Non potei che essere d’accordo. Evitammo il rischio di costruire una parlata solo teorica, letteraria, scritta su una nuvola. Il dialetto è vivo, esprime la realtà di un luogo”.
Fabrizio De André raccontato da Mauro Pagani: “Era un uomo del dubbio”
Ma chi era veramente Fabrizio De André? Mauro Pagani, che lo ha conosciuto bene e a lungo, racconta: “Un uomo pieno di dubbi, come tutte le persone di intelligenza superiore. Belin, sei sicuro? era la frase che girava più spesso tra noi. Non amava la ribalta: mai siamo riusciti a trascinarlo in una diretta tv. Genovese nell’anima, tifoso del Genoa. Tenne fino all’ultimo segreto il progetto Crêuza de mä anche alla Ricordi”. Il primo incontro tra i due negli Anni Ottanta nello studio di Carimate: “Lui era stato liberato da poco dopo il sequestro in Sardegna con Dori Ghezzi. Lavorava all’album L’Indiano, io alla colonna sonora di Sogno di una notte d’estate, la mia prima collaborazione con Gabriele Salvatores. Sono certo che mi assunse perché suonavo molti strumenti. Da bravo genovese, voleva risparmiare”.
La loro collaborazione durò a lungo, 14 anni. Pagani, al Corriere, racconta il segreto di un’intesa professionale e privata durata così tanto: “A un certo punto Fabrizio cominciò a fidarsi di me. Mi guardava e aggiungeva: va bene, se lo dici tu… Il suo assenso era come una minaccia. Ma lui, macerato dai dubbi, aveva bisogno di fidarsi. La sua fiducia è stata la prova più bella della nostra amicizia. Vede, un conto è avere un rapporto con una persona di talento, un conto lavorare per 14 anni con il più bravo di tutti”.