Oliviero Mazza, ordinario di Diritto processuale penale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha commentato a Il Dubbio la Riforma Cartabia e, in particolare, il tema della giustizia riparativa. “Nel corso del processo, la giustizia riparativa, in tutte le sue forme, è ontologicamente incompatibile con il rispetto della presunzione d’innocenza, che impone addirittura il ribaltamento dei ruoli, per cui l’imputato va considerato non colpevole e la vittima va presunta non tale o comunque non vittima dell’azione dell’imputato”, ha precisato il professore.
Il motivo per cui si ritiene dubbioso in merito alle nuove norme è presto detto. “La giustizia riparativa rappresenta indubbiamente una rivoluzione del paradigma punitivo che, però, è connotata da una forte caratterizzazione morale, antitetica rispetto alla visione liberale e democratica della giustizia penale nella quale mi riconosco. La laicità del diritto penale è una conquista di civiltà giuridica che va difesa quale argine rispetto alle derive autoritarie storicamente determinate dalla sovrapposizione fra Stato etico e pretesa punitiva”, ha aggiunto.
Mazza: “Presunzione d’innocenza e riparazione incompatibili”. Le critiche
L’applicazione della giustizia riparativa, secondo Oliviero Mazza, potrebbe presto portare a conseguenze negative. “Nella sua declinazione pratica, la giustizia riparativa rischia di portare con sé due ulteriori conseguenze non proprio auspicabili: la privatizzazione del processo penale, trasformato in luogo di mera composizione dei conflitti interindividuali, e la monetizzazione della responsabilità, a sua volta foriera di disparità di trattamento fondate sulle condizioni economiche degli imputati, in patente violazione dell’articolo 3 Cost.”.
È per questo motivo che il professore ritiene che le norme vadano riviste. “Punto fermo irrinunciabile deve essere la netta separazione fra giustizia riparativa e processo penale. La prima dovrebbe essere collocata nella sua sede naturale, ossia nella fase esecutiva della pena quando i ruoli di vittima e colpevole sono definiti dal giudicato, ma se proprio la si volesse svolgere in parallelo al processo, dovrebbe essere un fiume carsico invisibile all’autorità giudiziaria e pronto ad emergere solo nel caso di esito positivo. Occorre poi ripensare, attraverso una seria e ampia discussione finora del tutto assente, il concetto stesso di giustizia riparativa in rapporto al valore, per me irrinunciabile, della laicità del diritto penale e alle degenerazioni della privatizzazione e della monetizzazione della giustizia penale”, ha concluso.