Giovedì 17 aprile la Meloni vedrà Trump. I partiti e gli esponenti europeisti temono una missione bilaterale. Ma la vera posta è più alta
La storia del viaggio di Giorgia Meloni negli USA sta sempre più assomigliando alla favola di Esopo della volpe e l’uva, dove sotto la pianta sta una moltitudine di volpini nostrani ed europei cui “rode” non poco che la premier italiana sia ricevuta per prima alla Casa Bianca. Sicuramente chi tanto la critica per il suo viaggio alla corte di Trump avrebbe voluto tanto essere al suo posto. Non potendo farlo, ecco la critica alla Meloni di voler “sabotare l’Unione”.
Invece la presidente del Consiglio fa benissimo ad andarci, perché l’Italia ha tutto l’interesse a capitalizzare bene il rapporto privilegiato con Trump, sia in chiave bilaterale, sia nei confronti degli alleati europei.
Senza contare che gli europeisti nostrani – quelli che temono uno sfaldamento del fronte UE – sono gli stessi che fanno finta di non accorgersi che l’Unione è sempre di più un impermeabile per tutte le stagioni, da indossare solo quando fa più comodo.
La Schlein non sosteneva due giorni fa che la Meloni è una premier inutile ed emarginata e che il nostro governo conta meno di zero? Macron ha forse aspettato l’Unione Europea per intrecciare amorosi, “armati” sensi con chi fa comodo alla Francia pur di vendere i propri sistemi d’arma, mettendo i bastoni tra le ruote agli alleati di Bruxelles ogni volta sia stato possibile? Dunque se ad andare Washington tocca alla Meloni non va bene, ma se ad andarci fosse lui, allora andrebbe benissimo.
Lo stesso fanno (o farebbero) i leader delle altre nazioni, alle prese con una mole crescente di problemi interni creati da una Ue che non funziona e a cui non parrebbe vero di poter parlare a tu per tu con questo nuovo e strano “imperatore” che ormai a ritmo quotidiano cambia idea e sembra divertirsi tanto a scegliersi gli amici.
Ma probabilmente Trump è tutt’altro che stupido ed ha sicuramente notato chi a Bruxelles ha chiesto nei giorni scorsi di non alzare muri ed automatici contro-dazi rispetto ai “falchi” di mezzo continente. Dunque se l’Italia gode di rapporti privilegiati ed ante litteram rispetto ad alcuni partner europei, sarebbe da sprovveduti non coltivarli.
State tranquilli che dai Paesi Bassi alla Francia, quando in Europa occorre stabilire il contributo per allevare un vitello, ciascuno corre per sé e non aiuta certo la concorrenza. Ne è prova il fatto che ci si è guardati bene dal porre un prezzo comune al gas o all’energia elettrica, oppure ad aiutare – se non con costosi contraccambi – la difesa delle produzioni mediterranee. Fa bene quindi la Meloni a difendere le nostre produzioni, e se verranno dazi differenziati se ne farà una ragione chi rosica per questo.
Certamente sarebbe meglio per l’Europa porsi verso gli USA come un “unico blocco”, per usare le parole di Trump, ma è ipocrisia non ricordare che ogni Paese ha priorità diverse e che prima di tutto è ovvio e sensato che pensi a tutelare sé stesso, cioè le proprie imprese e il proprio Pil.
Oltretutto la Meloni non va da Trump “contro” l’Europa, come hanno subito insinuato i media mainstream, ma piuttosto come ambasciatrice comune, magari più gradita a Trump di altri leader europei che ogni giorno lo demoliscono a livello mediatico salvo poi cercare contatti separati. Forse che l’UE – e soprattutto la Germania – si comporta in maniera diversa nei rapporti con la Cina?
Il viaggio è dunque l’opportunità che si offre alla presidente del Consiglio per cercare di essere in qualche modo investita dall’Amministrazione USA del ruolo di interlocutrice privilegiata nei rapporti con Bruxelles. In questo la Meloni si giocherà molto della sua personale, futura credibilità politica.
P.S. Non c’è solo la guerra commerciale. Il viaggio a Washington è sicuramente l’opportunità per il governo italiano di assumere un ruolo ragionevolmente “terzo” nella difficile partita della guerra in Ucraina e di come uscirne. La “vittoria finale” di Kiev auspicata da Ursula von der Leyen e Kaja Kallas, infatti, sembra allontanarsi sempre di più.
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