Giorgia Meloni è presidente del Consiglio dal 2022 e sta tenendo in politica estera una condotta molto equilibrata. Le preoccupazioni internazionali costruite dalle opposizioni per la sua presunta appartenenza post-fascista si sono rivelate delle trovate propagandistiche. La Meloni ha sostenuto con forza l’Ucraina ed ha coltivato buoni rapporti con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, così come con l’ex presidente americano Joe Biden. Pur non partendo da posizioni europeiste ma nazionaliste, si è fatta anche portavoce dell’UE oltreoceano.
Permangono comunque contrasti con altri leader europei, soprattutto con Emmanuel Macron, che con l’indebolimento economico ed istituzionale, in parte indotto da oltreoceano, dell’asse franco-tedesco non vede di buon occhio altre forze in crescita nel continente.
Probabilmente la Meloni non chiarirà mai le sue posizioni, specialmente dopo il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, che da una parte le sta offrendo una buona agibilità internazionale ma dall’altra con la sua politica dei dazi la sta costringendo a qualche equilibrismo, e a qualche critica verso il potente alleato.
Un personaggio simile per il suo approccio multilaterale e per le radici nazionaliste è senz’altro Recep Tayyip Erdogan, impegnato a evitare pesanti contestazioni per avvicinarsi all’Europa come alleato affidabile e braccio armato, ma impegnato anche a reprimere con forza un potente ma non maggioritario dissenso democratico interno.
Per capire meglio la posizione turca vale spendere qualche parola sul suo posizionamento internazionale. Ankara, che si fa campione del panislamismo, si sta progressivamente distaccando dalla Russia per le difficoltà che questa sta affrontando con le popolazioni turciche ispirate dalla Turchia, al suo meridione. L’influenza, soprattutto economica, sunnita ha spinto Erdogan ad abbandonare la Russia in Siria e questo obbliga la Turchia ad avvicinarsi all’Atlantico e all’Europa attraverso il leader che ritiene più vicino e più affine geopoliticamente.
Alla fine dell’incontro di ieri sono stati firmati dieci accordi bilaterali su energia, cooperazione industriale, trasporti, telecomunicazioni; ma sono stati affrontati anche dossier internazionali, Gaza, Ucraina, Libia e flussi migratori. Verosimilmente il cuore delle trattative sarà stato l’appoggio turco all’Italia in Libia sul Piano Mattei, per fare dell’Italia un hub energetico europeo in cambio del consolidamento della posizione turca in Medio Oriente e del sostegno italiano verso il fronte atlantico e quello europeo.
Parlando di cifre, nel 2024 gli scambi commerciali tra Italia e Turchia hanno sfiorato i 30 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 15% rispetto al 2023 e con un surplus commerciale per l’Italia di 5,5 miliardi di euro. L’Italia è il quarto principale fornitore e il quinto mercato di destinazione per la Turchia, confermandosi il primo partner commerciale mediterraneo ed il secondo dell’UE. Tra i temi più rilevanti affrontati durante il forum c’è stato quello della difesa, con un focus sul settore dei droni da guerra.
Come abbiamo già scritto su queste pagine infatti, Leonardo e Baykar Technologies, ovvero l’azienda di droni guidata da Selçuk Bayraktar, genero di Erdogan che ha acquisito la ligure Piaggio Aerospace, hanno firmato un memorandum d’intesa che ha dato il via a un’alleanza italo-turca nel settore, in particolare per lo sviluppo delle cosiddette “tecnologie unmanned”, ovvero i sistemi aerei senza pilota.
Questo passaggio ha costituito la premessa “per la creazione di una joint venture per i sistemi aerei senza pilota” che guarda ad un mercato europeo del valore “stimato 100 miliardi di dollari, comprendente caccia senza pilota, droni da sorveglianza armati e droni da attacco in profondità, nei prossimi dieci anni”.
I temi sul tavolo avranno risvolti importanti per fare dell’Italia il punto di riferimento atlantico in un mare che potrebbe tornare “nostrum” ed anche un importante facilitatore dei rapporti tra UE, USA e Medio Oriente.
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