Alle 10:06 di ieri mattina, ora della prima votazione al Bundestag, il candidato cancelliere della coalizione CDU-SPD, Friedrich Merz, era un uomo finito. Eliminato dai franchi tiratori ancora prima di aver messo piede nella Cancelleria. Merz, l’uomo dai mille consigli di amministrazione: DBV-Winterthur Holding, Alba/Interseroh, Commerzbank, IVG Immobilien, Basf e BlackRock solo per nominarne alcuni, era messo fuori gioco senza aver nemmeno toccato palla.
Per diventare cancelliere occorrono 316 voti, la maggioranza dei 630 deputati del Bundestag. Il rigido tecnocrate di Brilon, cittadina pittoresca del Sauerland (Sauer in italiano significa acido, nomen omen) ne aveva incassati solo 310 pur potendo contare su 328 voti in quota alla coalizione CDU-SPD. In tutta la storia della Bundesrepublik non era mai successo che un candidato cancelliere perdesse al primo colpo. I media sono increduli, la possibilità che ciò potesse accadere non era stata neppure presa in considerazione. Da regolamento, il Parlamento deve rivotare entro 14 giorni e anche se la confusione è tanta c’è tutto il tempo per aprire la caccia ai colpevoli.
Quelli della SPD, forse per nascondere l’odore di bruciaticcio che sale dalle code impagliate, giurano e spergiurano di non essere stati loro a far mancare l’appoggio all’ex amministratore delegato. Chi è stato allora a fregare Friedrich M.?
Un bel mistero, perché il voto è segreto e i franchi tiratori hanno una mira pazzesca ma la memoria omertosa. Non potendo incolpare l’AfD, i fucili vengono puntati contro la CDU: “irresponsabili, folli, giocate con la stabilità della democrazia”. Qualcuno invoca il demone di Weimar: mentre i nazisti, lo hanno detto quelli dei servizi, sono alle porte, voi fate questi giochetti?
Intanto i neo-leninisti dei Linke esultano: Merz ha fallito, la rivoluzione è più vicina, mentre quelli della AfD, la pelle ancora bruciata dal marchio nazi impresso dai servizi, chiedono a gran voce nuove elezioni.
Comunque lo si guardi è un disastro da Finis Germaniae che sembra mettere una pietra tombale sulla coalizione. Alla faccia di chi pensava che sottoscrivere il programmino di governo come se nulla fosse sarebbe stato sufficiente a nascondere una crisi istituzionale mai vista nella Bundesrepublik.
Ma poi, quando tutto sembrava perduto e la Borsa di Francoforte andava giù in picchiata, ecco il miracolo. La schiarita, il settimo cavalleria sotto la forma dei Linke, proprio quelli che appena qualche minuto prima avevano salutato la trombatura di Merz con salve di Hurrà. La CDU vi si aggrappa in un clinch disperato per cambiare l’ordine del giorno e consentire una seconda votazione immediata.
Per farlo occorrono i due terzi del Parlamento; CDU, SPD e Verdi già ci stanno, servono i Linke. I discendenti di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht a sto giro non fanno le barricate come gli spartachisti cento anni prima e concedono un compromesso storico su scala mignon che mette al riparo anche dai franchi tiratori.
Alle 16 si rivota e buona la seconda. Con 325 a favore il nuovo cancelliere Friedrich Merz viene salutato dalla sala con applausi liberatori. Tuttavia, il cielo non è sereno sopra a Berlino. Nonostante l’happy end la giornata di oggi ha dimostrato che Merz e Lars Klingbeil, presidente della SPD nonché vicecancelliere e fresco ministro delle Finanze, non hanno il controllo dei rispettivi partiti.
Se per eleggere un cancelliere c’è voluto tutto questo dramma, cosa succederà quando si dovranno votare leggi pesanti come quelle sull’incremento delle spese militari o sull’immigrazione? Senza contare il caso AfD, dato oltre il 25%, che punta a diventare primo partito e che, forse anche per questo, qualcuno vorrebbe proibire. Hurrà.
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