EUROBOND O MES? IL NUOVO PIANO DI BRUXELLES
Uscito dalla porta, il MES rischia di rientrare dalla finestra, visto che la Commissione UE sta pensando di lanciare un nuovo strumento di debito comune europeo, molto simile al Meccanismo europeo di stabilità. Stando a quanto riportato dal Financial Times, l’idea – nata nel contesto della preparazione del nuovo bilancio pluriennale europeo – è di raccogliere fondi sui mercati finanziari in caso di crisi, emettendo bond europei permanenti, cioè titoli di debito garantiti dall’UE, da destinare agli Stati membri sotto forma di prestiti o sussidi.
Questa proposta mira a superare i limiti del bilancio europeo – che normalmente non prevede debito, ma si basa su entrate – ed è motivata dalla crescita delle spese per difesa e competitività economica. Inoltre, c’è la necessità di ripagare i debiti del programma Next Generation EU.

Ci sono Paesi come Germania, Svezia e Paesi Bassi che sono contrari a nuove forme di debito comune, soprattutto se includono sussidi a fondo perduto. Altri Paesi, come Danimarca e Finlandia, sebbene tradizionalmente contrari, sembrano più aperti se si tratta di spese per difesa e sicurezza. D’altra parte, serve l’unanimità dei 27 Paesi, quindi il negoziato si preannuncia difficile.
PERCHÉ QUESTO NUOVO PIANO NON CONVIENE
A prescindere dalla strategia di Bruxelles di far trapelare un piano per sondare il terreno, la questione riguarda nuovamente la sovranità economica, perché questo nuovo strumento appare molto simile al MES. Lo evidenzia La Verità, spiegando che, anche se formalmente diverso, questa proposta porterebbe a un controllo esterno sulle politiche economiche nazionali.
Peraltro, il giornale fa notare che i prestiti europei hanno priorità nel rimborso: quindi si potrebbero creare debiti di Serie A e B, con impatti negativi sui mercati e sul rating del debito italiano. A ciò si aggiunge il fatto che il vantaggio di costo è minimo, perché il tasso d’interesse dei titoli europei è solo leggermente più basso (50 punti base) di quello dei BTP italiani. Quindi il risparmio non giustifica il controllo esterno.
Aggiungendo poi i sussidi a fondo perduto, l’Italia – che è contributore netto – rischierebbe di dare più soldi all’UE di quanti ne riceva. Altro aspetto rilevante è quello dei vincoli sulle spese, perché i fondi UE non si possono spendere come si vuole, ma secondo i vincoli decisi da Bruxelles.
A tal riguardo, Giuseppe Liturri fa il paragone del mutuo in banca: è come se questa imponesse anche come ristrutturare casa. Pertanto, ritiene che la proposta possa rappresentare un rischio per la sovranità fiscale e politica degli Stati, soprattutto per l’Italia. Il pericolo sarebbe quello di perdere autonomia economica senza vantaggi reali.