Oggi in mondovisione la messa di inizio pontificato di papa Leone XIV. Ogni parola e ogni gesto della liturgia ha un preciso significato
Una Messa solenne celebrerà oggi l’inizio del pontificato di papa Leone XIV. Non sarà una Messa come le altre: dalle litanie alle numerose invocazioni in greco e in latino, fino all’imposizione del pallio a papa Prevost insieme all’anello piscatorio, si tratta di un rito nel quale i gesti liturgici attingono tutti al Vangelo, al mandato conferito da Cristo a Pietro, e alla tradizione della Chiesa.
Li spiega don Norberto Valli, sacerdote della diocesi di Milano e docente di liturgia nella Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale.
Con una premessa: in un mondo che per lo più ha smarrito il senso dei gesti, la liturgia della Chiesa non è un orpello di secondo piano rispetto alle grandi questioni umane del tempo, ma rappresenta il modo con cui Essa educa il popolo di Dio a vivere nella storia e a giudicare tutto.
Che significato ha la Messa di inizio del ministero petrino del vescovo di Roma?
Si tratta della celebrazione che inaugura ufficialmente il pontificato di Leone XIV a distanza di alcuni giorni dalla sua elezione. Nei prossimi anni le diverse Chiese locali, precisamente in questo giorno, 18 maggio, faranno memoria dell’inizio del ministero petrino di Leone XIV. Fino al pontificato di Paolo VI era prevista una vera e propria incoronazione del Pontefice con la “tiara” o “triregno”. Segno della sua suprema potestà – “padre dei re”, “rettore del mondo”, “Vicario di Cristo” –, le tre corone sono state interpretate poi in riferimento alla Chiesa militante, sofferente e trionfante.
Per quale motivo l’incoronazione con la tiara non è più avvenuta?
L’incoronazione in epoca postconciliare è stata abolita, per sottolineare in maniera più chiara l’aspetto pastorale e spirituale della funzione del papa.
Cosa è cambiato con gli ultimi papi e perché?
In realtà le ultime celebrazioni di inizio pontificato non sono state molto diverse l’una dall’altra, se non nel posizionamento dei riti specifici della consegna del pallio e del cosiddetto anello del pescatore. Mentre nel caso di papa Francesco questi gesti sono avvenuti prima della celebrazione eucaristica, ora sono tornati, come per l’inizio del pontificato di Benedetto XVI, al suo interno.
La celebrazione inizierà con il canto delle litanie dei santi, cosa che non avviene solitamente. Perché l’inizio è consegnato a queste antiche invocazioni?
È necessaria una precisazione. Saranno cantate non le litanie dei santi, caratterizzate esclusivamente dalla forma invocativa, bensì delle antiche e solenni Laudes regiae, che alternano l’acclamazione – in particolare: “Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat” – alla supplica: “Tu illum adiuva”, in relazione al pontefice; “Tu illam adiuva”, in relazione alla Chiesa. Queste Laudes sono di origine altomedievale, riservate prima ai sovrani, poi, con opportuni adattamenti, ai pontefici. Il loro uso nella celebrazione di inizio del ministero petrino è tradizionale, ma non esclusiva. Sono proposte anche in occasione di altre solenni liturgie per sottolineare la comunione tra la Chiesa pellegrinante sulla terra e la Chiesa del cielo. Nei momenti decisivi si esprime così il bisogno di uno speciale affidamento ai santi e alla loro intercessione, riconoscendo il primato della signoria di Cristo.
Durante la Messa, dopo la proclamazione del Vangelo e prima dell’omelia, al papa verranno consegnati il pallio e l’anello del pescatore. Che valore hanno questi segni?
Per comprenderne il valore è opportuno far riferimento ai testi che la liturgia utilizza per queste consegne. Il cardinale protodiacono prima di imporre al nuovo pontefice il pallio dichiara anzitutto che esso è “preso dalla Confessione dell’apostolo Pietro”. Si evidenzia così la relazione stretta con colui al quale “il buon Pastore ha comandato di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle”, infatti il pallio è tessuto con lane di agnelli. Leone XIV succede a Pietro nell’Episcopato della Chiesa di Roma che il principe degli apostoli “ha generata alla fede assieme all’apostolo Paolo”.
L’orazione pronunciata da uno dei cardinali presbiteri dopo l’imposizione implora per il nuovo papa la benedizione del Signore e la potenza dello Spirito Santo “perché il suo alto ministero corrisponda alla grandezza del carisma” conferitogli. Il cardinale dell’ordine dei vescovi che consegna “l’anello, sigillo di Pietro il Pescatore che ha vissuto la sua speranza sul mare di Tiberiade e al quale il Signore Gesù ha consegnato le chiavi del regno dei cieli”, insiste nell’affermare che Leone succede a Pietro – non tanto a Francesco! – nell’Episcopato della Chiesa di Roma, la quale “presiede alla comunione dell’unità secondo l’insegnamento del Beato apostolo Paolo”. Per questo implora per lui “forza e mitezza per custodire i credenti in Cristo nell’unità della comunione”.
Si coglie, in tal senso, l’opportunità che nella celebrazione risuoni il Vangelo non solo in latino, ma anche in greco e che il coro, rivolgendosi al nuovo papa, acclami in greco Ad multos annos. È un modo efficace per dire l’universalità della Chiesa, della quale Leone è chiamato a promuovere l’unità.
La celebrazione avviene nel tempo di Pasqua e durante il Giubileo. Cosa aggiungono queste circostanze alla Messa di inizio del ministero petrino?
A connotare la celebrazione è in modo specifico la concomitanza con il tempo pasquale. Il rito della benedizione dell’acqua e dell’aspersione all’inizio della celebrazione segue l’ordinamento proprio di questo tempo (orazione e antifona specifiche). L’alleluia risuona ripetutamente. Durante il canto monodico del Credo la polifonia evidenzia l’espressione Et resurrexit tertia die secundum Scripturas. Non si osservano invece peculiarità riconducibili al Giubileo in corso che, comunque, contribuisce ad accentuare l’eccezionalità dell’evento.
(Max Ferrario)
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