Meteorite del lago di Tagish/ “Al suo interno componenti nube origine Sistema Solare”

- Alessandro Nidi

Il meteorite del lago di Tagish serba in sé il segreto della vita? Parrebbe di sì: individuate tracce di precipitazioni che potrebbero avere favorito la nascita degli amminoacidi

meteorite meteora pixabay 640x300 Meteorite (Foto: Pixabay)

Il meteorite caduto nel lago di Tagish il 18 gennaio 2000 in Canada potrebbe custodire il segreto della vita. Un team internazionale di ricercatori guidato dal Royal Ontario Museum sta indagando a tal proposito e, utilizzando la tomografia a sonda atomica, una tecnica di microscopia analitica tridimensionale ad alta risoluzione, sono stati in grado di analizzare atomo per atomo la composizione del meteorite, scoprendo che contiene presumibilmente i componenti della nube di polvere che ha creato il nostro Sistema Solare. In particolare, sono state evidenziate precipitazioni d’acqua: “Sappiamo che l’acqua era abbondante nel nostro Sistema Solare – ha dichiarato il dottor Lee White –, ma ci sono pochissime prove concrete della composizione o dell’acidità di questi liquidi, anche se sarebbero stati cruciali per la formazione e l’evoluzione degli aminoacidi e, in definitiva, della vita microbica. Grazie a questo nuovo studio abbiamo finalmente la prova dell’esistenza di questi fluidi ricchi di sodio.

METEORITE LAGO DI TAGISH: SVELATO IL SEGRETO DELLA VITA?

Secondo una coautrice dello studio, la dottoressa Beth Kymer,gli amminoacidi sono elementi essenziali per la vita sulla Terra, eppure abbiamo ancora molto da imparare sulla loro formazione nel nostro Sistema Solare. Ottenendo più variabili, come il pH o la composizione degli elementi che compongono il meteorite del lago di Tagish, possiamo avvicinarci a una spiegazione di come queste molecole si siano evolute, passando dalla chimica alla vita organica alle complesse creature che camminano sulla Terra oggi”. Inoltre, il dottor White ha parlato della tecnica utilizzata per condurre la ricerca, la tomografia a sonda atomica: “Con questo strumento speriamo di sviluppare nuovi protocolli per l’analisi dei materiali riportati dalle sonde, come nel caso della missione Osiris-Rex della NASA, o per futuri viaggi sulla Luna o su Marte. Le missioni spaziali possono portare con sé solo piccoli campioni, il che rende queste tecniche ancora più importanti nella loro capacità di insegnarci di più sul Sistema Solare”.





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