Un’associazione per fornire un aiuto agli anziani che vivono a Milano e provincia. Si chiama Aqua, cioè Assistenza Quotidiana Anziani, ed è stata fondata cinque anni fa da Nicola D’Aquaro, suo attuale presidente. Anche in Lombardia, modello avanzato di welfare per tutto il Paese, è difficile per gli anziani riuscire a trovare risposte adeguate ai loro bisogni. Il principale problema è riuscire a collegare tutte le risorse messe a disposizione dagli sportelli pubblici, e Aqua si occupa proprio di garantire questo “link” di vitale importanza. Per promuovere il suo progetto “PDA – Prevenzione della Disidratazione negli Anziani”, sensibilizzando l’opinione pubblica sull’importanza di aiutare a prevenire questo problema, Aqua ha organizzato un concerto per il prossimo 26 ottobre alle 21, quando il gruppo vocale Quattrottave si esibirà nell’Auditorium San Fedele di Milano. Ilsussidiario.net ha intervistato D’Aquaro per capire da dove nascono le iniziative della sua associazione.
Quali sono i principali problemi che deve affrontare un anziano che vive in una grande città come Milano?
In città sono presenti numerosi servizi, ma difficilmente reperibili per un anziano. Soprattutto se quest’ultimo vive solo in casa e non è abituato a usare Internet, è in estrema difficoltà nel riuscire a trovare una serie di risposte a tutti i suoi bisogni. La mia associazione si occupa quindi di collegare tutte le risorse che ci sono sul territorio riversandole poi sui bisogni del paziente a domicilio.
Come valuta le risposte del welfare pubblico agli anziani lombardi?
Le risorse che Regione Lombardia mette a disposizione delle associazioni come la nostra sono davvero tante, e questo ci consente di rispondere in modo adeguato ai bisogni degli anziani. La possibilità che io ho avuto di partire da zero e arrivare ad accreditarmi di fronte alla Asl, vincere un bando in Comune, realizzare 15mila interventi nei primi sei mesi del 2011, seguire pazienti con Sla e alta fragilità, significa che i servizi del welfare pubblico esistono e sono a disposizione del non profit. Il loro limite è che spesso sono scollegati dal contesto sociale.
Da dove è nata la sua idea di fondare Aqua?
Ho deciso di fondare Aqua partendo da una serie di osservazioni legate alla mia esperienza di volontariato per la Caritas. Arrivavo a casa degli anziani, sentivo tutte le domande che mi rivolgevano e vedevo che spesso neanche in Caritas c’erano le risorse informative per rispondervi. Ho deciso dunque di fondare questa associazione per fornire soluzioni a 360 gradi, attingendole in buona parte da ciò che il welfare pubblico ci fornisce. I nostri operatori hanno la possibilità di interpretare diversi linguaggi, come quello di assistente sociale, medico, avvocato, e tradurli tutti nel linguaggio del paziente anziano che ha bisogno di un aiuto.
Quali sono state le principali attività e servizi svolti da Aqua nei suoi cinque anni di vita?
Il nostro slogan è “dal falegname al neurochirurgo, diamo tutto agli anziani”, ma sicuramente la parte sanitaria è preponderante. Anche per un miglioramento delle tecnologie e della ricerca, le potenzialità dell’assistenza a domicilio sono sempre più in espansione: vanno dalla fisioterapia alla cura delle piaghe, alla cura delle persone convalescenti. In seconda battuta ci occupiamo di assistenza sociale intesa come compagnia attraverso i nostri volontari che vanno nelle case degli anziani, ma mettiamo a disposizione anche personale specifico come le badanti. Seguiamo inoltre costantemente i nostri assistiti per telefono, per fare sentire loro una presenza e comunicare che c’è qualcuno che si interessa a loro. Inoltre c’è tutta la parte di consulenza, per esempio sulle pratiche Asl, Inps e le questioni condominiali. E questo non soltanto per gli anziani soli, ma anche per chi ha i figli. Spesso infatti reperire gli uffici pubblici non è una cosa semplice, e quindi quella che può sembrare una banale attività, come l’assunzione di una badante, poi diventa un grosso problema per i figli, che ogni volta devono prendersi la classica mezza giornata libera.
Ci vuole presentare la vostra associazione culturale, che nascerà a breve?
E’ il risultato di una mia idea che si sta sviluppando da tempo. Quella che ho osservato è una mancanza di cultura su quello che è il mondo dell’anziano e della terza età. Se allarghiamo un attimo lo sguardo, è questa la vera carenza. E questo passa innanzitutto attraverso la prevenzione, ma anche le informazioni alle famiglie su come comportarsi in determinate situazioni, per esempio se c’è un genitore malato di Alzheimer. Abbiamo quindi deciso di costituire un’associazione culturale, che avrà modo di occuparsi della comunicazione nei confronti della popolazione e degli operatori. La cura a domicilio per esempio ha caratteristiche proprie, che spesso non sono conosciute dal personale sanitario. La nostra associazione culturale quindi è uno strumento di formazione e informazione su tutto ciò che riguarda gli anziani e la loro assistenza a domicilio.
Quali storie, esemplificative dell’attività di Aqua, sono emerse in questi cinque anni di attività?
Mi viene in mente uno dei primi episodi da quando ho fondato Aqua. Incontrai un signore sui 60 anni che viveva solo e la cui mamma era in ospedale. Lo trovai in stato di grave prostrazione, continuava a dire: “Non so che cosa fare”. E’ stato un colloquio che mi ha lasciato un segno indelebile, perché dà proprio il senso dell’impotenza che affrontano numerose famiglie di fronte a situazioni molto comuni. Questa persona, laureata e tutt’altro che sprovveduta, non sapeva cogliere nella società le risposte adeguate per riportare la madre a casa dall’ospedale.
Ma avete a che fare anche con vicende oggettivamente drammatiche?
Ogni giorno. Un’infermiera di Aqua, per esempio, una sera è entrata nel mio studio e si è portata le mani al volto singhiozzando. Quel giorno aveva curato un paziente affetto da Sla di circa 40 anni. Poi mi ha confidato: “Non riesco immaginare come un anno fa questa famiglia con due figlie piccole era serena e oggi si trova un capofamiglia che comunica soltanto con gli occhi”. Sono entrambe due storie che hanno a che fare con le famiglie. Io infatti ho aperto l’associazione Aqua con l’idea di aiutare gli anziani, ma mi rendo conto che i primi a beneficiarne sono innanzitutto i loro parenti più intimi, in difficoltà nel gestire situazioni che per loro rappresentano qualcosa di impossibile da gestire.
(Pietro Vernizzi)