Cosa può spingere un manager di una multinazionale a lasciare un ottimo stipendio per un’avventura imprenditoriale in un campo completamente diverso e sconosciuto? Nel caso di Giacomo Falciola esperienza, entusiasmo e un pizzico di follia, il tutto cucinato a fuoco lento durante un lungo mese di riposo forzato, causato da una fastidiosa malattia.
«Dopo aver iniziato come controller di gestione sono stato per vent’anni development manager in una multinazionale italiana che opera nel campo della chimica e dell’energia e che all’epoca aveva un fatturato di circa 900 miliardi di vecchie lire. Ero tentato dall’idea di avviare un progetto imprenditoriale in Francia, poi però mi son ritrovato nel settore alimentare. È nato tutto un po’ per caso: avevo chiesto al catering che lavorava per noi di organizzare il banchetto del mio matrimonio. Era un’impresa piccola, ma con un marchio molto forte».
«Dopo quell’occasione – prosegue Falciola -, il titolare ogni tanto mi chiedeva qualche consiglio e così ho approfittato di un periodo di convalescenza per farmi mandare i bilanci e dargli un’occhiata. Come ringraziamento mi voleva regalare il 5%. C’erano però i margini per costruire qualcosa di importante e così ho lasciato il precedente impiego e sono entrato al 50% in Fincav, un’impresa che oggi opera nel catering e nel banqueting con il marchio “Caffè Scala”».
Un mercato in cui non è facile entrare, piuttosto stagionale e con un’offerta molto spezzettata. Le richieste dei grandi clienti sono poi spesso di piccolo taglio, quindi poco redditizie e molto time consuming. I due soci per prima cosa decidono comunque di rinnovare completamente magazzino e laboratorio, aggredendo parallelamente quei mercati in controtendenza che permettono di lavorare nei mesi più scoperti, a cominciare dal settore moda. Nel frattempo continua l’attività di catering di alto livello: cene di gala, gestione dei ristoranti e dei bar del Teatro alla Scala, feste private e aziendali.
«Per offrire invece un servizio all’altezza per il pranzo delle grandi banche e dei clienti importanti, ottimizzando i tempi, ci siamo inventati i “packet lunch”. Il cibo viene preparato dai nostri chef e consegnato negli uffici con un packaging francese molto elegante di cui abbiamo l’esclusiva. Un servizio che in Italia realizziamo solo noi e che vogliamo estendere a livello nazionale con una rete di franchising. Siamo convinti che questo “marchio cappello” potrà aiutare i clienti a distinguere, a livello nazionale, i catering più strutturati e professionali da quelli improvvisati e di bassa qualità».
Le innovazioni continuano, l’incontro con lo chef Antonio Poli, della squadra di Gualtiero Marchesi, apre nuove orizzonti. «Un giorno mi fece assaggiare alcuni prodotti cucinati con una modalità innovativa: la cottura sottovuoto. Una tecnica che utilizzavano in Francia negli anni Settanta per preparare il foie gras. La materia prima viene cotta in mancanza di ossigeno per un tempo piuttosto lungo a bassa temperatura, dopodiché si abbatte la temperatura ottenendo così una contestuale pastorizzazione. Il risultato? Un prodotto di altissima qualità che non viene rovinato da una pastorizzazione successiva e che non necessita di conservanti».
Per completare l’opera bisogna “soltanto” industrializzare il processo e lanciare il prodotto sul mercato. «Rilevato il laboratorio di Gualtiero Marchesi per tre anni abbiamo fatto ricerca di processo e di qualità, investendo circa tre milioni di euro. Nel frattempo abbiamo convinto il direttore di Carrefour a fare un test di mercato. Il risultato è stato ottimo e così abbiamo comprato (e disegnato) i macchinari giusti per raggiungere l’obiettivo: produrre a ciclo continuo un prodotto di altissima qualità, ad un prezzo accessibile».
Realizzato l’impianto, unico in Italia per le sue caratteristiche, si aggiunge un terzo socio con l’obiettivo di seguire la parte commerciale e portare il prodotto nei diversi ambiti del mercato: cash and carry, supermercati, hotel, ristoranti e cliniche private. I risultati parlano da soli. «L’impresa iniziale fatturava 500.000 euro. Oggi, escludendo la cucina sottovuoto, fattura 4 milioni di euro e dà lavoro a 44 dipendenti».
A distanza di qualche anno Falciola ripensa ai rischi presi quel giorno. «Mi davano per matto e forse avevano ragione. Avevo però la giusta convinzione che nel settore alimentare ci fossero grandissimi margini di sviluppo. Venendo dal settore chimico mi sono subito accorto che in questo ambito si fa pochissima ricerca, anche se i costi non sono proibitivi. Non solo: c’è poca predisposizione a collaborare. Ognuno fa per sé e per questo non cresce. Noi invece abbiamo puntato fin da subito alla collaborazione con i grandi gruppi, senza i quali fare ricerca è impossibile. Poco fa abbiamo fatto un accordo con Illy. Riforniremo i loro punti vendita in tutto il mondo, lanciando dei prodotti innovativi come il risotto al caffè e le tagliatelle al cioccolato…».