C’è un pezzo di Milano, in questi giorni, che sente e pensa come se fosse in piazza Tahir a Il Cairo o nelle strade di Bengasi, e che non è soltanto il frutto di una metropoli internazionalizzata e culturalmente cosmopolita.
Questa nuova realtà, identica a quelle vissute dalle grandi metropoli globali del XXI secolo si materializza ogni giorno in via Porpora, nella folla di egiziani – milanesi che, da quando in corso la rivoluzione in Egitto, assediano il consolato egiziano più importante d’Italia per scambiarsi notizie su figli, mogli, fratelli, amici e insieme manifestare le proprie idee.
Ma la stessa scena si ripete davanti al consolato libico, a quello della Tunisia dove uomini, donne e bambini che vivono ogni giorno accanto a noi cercano aiuto e solidarietà seguendo minuto per minuto, con angoscia e partecipazione gli sviluppi della situazione politica e sociale del Medio Oriente, con gli occhi incollati sullo schermo della tv “Al Jazeera”, magari parlando contemporaneamente sul telefonino o via Skype con gli stessi protagonisti degli avvenimenti d’oltre mare.
La compressione dei concetti di spazio e di tempo, favorita dalla riduzione dei costi delle comunicazioni è la vera novità di questi mesi in cui avanza confusamente una richiesta di libertà dal sud del Mediterraneo.
C’è da chiedersi quali sono le ricadute civili, culturali e politiche su Milano e su tutte le città di un’intensificazione di queste relazioni sovranazionali che vivono anche emotivamente attraverso infrastrutture immateriali permanenti e che incidono sui sentimenti e sulle speranze di tanti concittadini?
A Milano basta entrare in un ristorante, in un negozio di alimentari, in un’officina gestita da tunisini, egiziani e libici per percepire nelle conversazioni di queste ore questo senso di attesa per una storia dei paesi di provenienza che è ripartita, rompendo quel senso d’immobilità che per molti è stata la ragione stessa della scelta di emigrare verso l’Italia.
Così si materializza anche a Milano, sotto i nostri occhi, quella comunità virtuale, composta da cittadini dislocati in aree geografiche remote, ma in continuo, simultaneo e immediato collegamento che vive insieme a noi un capitolo della globalizzazione cittadina.