Com’è mia consuetudine, in questi giorni mi sono accinto a leggere qualche articolo di commento sull’andamento degli Esami di Stato onde poter confrontare quanto accaduto nel mio istituto paritario con le considerazione fatte da altri, soprattutto da dirigenti di scuole statali.
Devo dire che come non mai mi sono sentito “pubblico” dato il collimare di vedute, impressioni e risultati che ho potuto rilevare: pochissimi bocciati, pochi cento, rarissime lodi, sostanzialmente un appiattimento dei voti dal 60 al 70. Un sistema che sembra penalizzare gli studenti migliori.
Mi è sembrato di vedere “la fotografia” di quanto accaduto nelle cinque commissioni di esame insediate nel mio istituto: un solo bocciato, ma anche solo 3 a pieni voti con 100, e una sola studentessa che ha meritato 100 e lode.
Da uomo di scuola ho iniziato a caldo qualche analisi con i miei docenti per capire il perchè di questa situazione e valutare quali strumenti adottare in futuro per migliorare il livello dei risultati, un’analisi che andrà sicuramente approfondita a inizio d’anno.
Da quanto è emerso, ritengo che le motivazioni principali possano essere raggruppate in tre filoni: leggerezza nell’approccio e nella preparazione remota all’esame da parte di una grande parte degli studenti, un’applicazione più puntuale delle griglie di valutazione da parte dei commissari, una normativa che di fatto penalizza gii studenti migliori.
La leggerezza nell’approccio si esplicita soprattutto nella sottovalutazione della necessità di una preparazione robusta con risultati medi discreti durante il triennio e, soprattutto durante l’ultimo anno.
Un’ammissione con una media solo più che sufficiente indica una preparazione poco robusta, debole per le richieste d’esame su un programma complessivo di tutto l’anno scolastico e indice di un credito scolastico di presentazione limitato. Spesso ricordo ai mie studenti che chi ha una media di ammissione inferiore al sette normalmente si diploma con un voto dal 60 al 70, ma per loro la “speranza è l’ultima a morire” e spesso credono che queste informazioni siano semplicemente “dovute”, ma senza un reale fondamento.
Le facce di questi studenti davanti ai tabelloni fanno capire che in quel momento si rendono conto, ma ormai è troppo tardi. Questo “accontentarsi” di una valutazione solo sufficiente o più che sufficiente da parte di molti è il motivo, a mio avviso, fondamentale per l’appiattimento dei voti.
Noto, inoltre, da un paio di anni, in modo particolare da quando la valutazione massima del colloquio si è ridotta da 35 a 30 punti che i commissari (devo dire normalmente non prevenuti) fanno un uso più puntuale e preciso della griglia di valutazione e “rosicchiare” qualche punticino è più difficile anche, come ho letto, per aiutare “chi raggiungeva a stento il 60”. Questo significa, inoltre, che quando si verificano situazione quali il tema sulla poesia “Lucca” di Ungaretti o la prova di matematica di quest’anno il riflesso negativo sulle valutazioni è forte e non recuperabile.
Il terzo aspetto riguarda la normativa sicuramente a maglie strette per chi punta ad avere valutazioni alte se non l’eccellenza e, da questo punto di vista, le cose peggioreranno ulteriormente con il prossimo anno. Mi riferisco in primo luogo alla tabella per l’attribuzione del credito scolastico. L’ultima modifica apportata dal DM 99 del 2009 ha diviso l’ultima fascia che inglobava la media dall’otto al dieci in due fasce una dall’otto al nove e una dal nove al 10. Questo comporta inevitabilmente che per poter arrivare alla maturità con il massimo credito scolastico (25 punti) occorrerà avere una media superiore al nove in ognuno dei tre anni conclusivi oltre a qualche credito formativo per ogni anno. È facile dedurre che in questo modo si ridurranno ulteriormente le eccellenze.
Se dai pieni voti si passa a valutare poi l’attribuzione della lode, come previsto dall’art. 3 dello stesso decreto, e lo si incrocia con quanto ho appena detto sui crediti scolastici ci si rende conto che gradualmente chi la otterrà potrà essere considerato una “mosca bianca”. Potrebbe anche essere giusto così se chi ottiene tale punteggio fosse messo nella reale condizione di avere vantaggi nella scelta dei percorsi universitari e/o consistenti borse di studio, ma sappiamo che così non è.
Questa è l’ordinaria realtà degli esami di stato e dei criteri di valutazione che portano alla situazione che ha spinto un pò tutti gli operatori alle riflessioni che ho cercato di esporre.
Soluzioni? Ritengo difficili nell’immediato, ma possibili quando, come si dice, si metterà allo studio una nuova modalità di esame di stato in cui si potrebbe valorizzare di più, con appropriati criteri, i crediti formativi acquisiti dagli studenti.
Alla fine del ragionamento non può però mancare un consiglio di base: ragazzi, studiate di più!