Mi hanno colpito le immagini della fantasiosa manifestazione che la Coldiretti ha organizzato in Piazza degli Affari a Milano, circolate negli scorsi giorni. Qualche centinaio di allevatori è infatti arrivato nel luogo simbolo della finanza milanese portando dei maiali. Non c’era modo più efficace di rappresentare il contenuto della protesta: l’economia reale, nella sua forma più brutale, veniva a “sporcare” il tempio della finanza di carta.
Le speculazioni che quest’ultima continua a scatenare sulle materie prime sta infatti rendendo impossibile la vita di chi vive nell’economia reale, ad esempio allevando maiali per alimentare le nostre tavole (la carne di maiale è la più mangiata dagli italiani).
Oggi gli allevatori si trovano a fare i conti, tra le altre cose, con i prezzi dei mangimi spinti irresponsabilmente in alto da chi sta nelle stanze dell’economia di carta e che rendono antieconomica la loro fatica quotidiana.
Pur tifando esplicitamente per il “partito dei maiali”, non voglio entrare nel merito delle questioni perché non è materia mia. Invece è un’altra la riflessione che quelle immagini mi hanno suscitato. È inevitabile agganciare le immagini della manifestazione della Coldiretti a quell’altra presenza in piazza degli Affari, che tanto ha fatto discutere lo scorso anno: è la famosa mano con il dito alzato di Maurizo Cattelan. Una presenza che personalmente ritengo fortissima, magnificamente integrata nell’architettura della bellissima piazza.
Ma una presenza fortemente provocatoria nei confronti di quel mondo contro il quale gli allevatori hanno manifestato. Per questo mi è venuto da pensare che quelle immagini dei maiali in piazza potessero benissimo essere immagini di una vera performance artistica: tanto più che la mess’in scena aveva previsto anche un finale con la consegna, sulle scale di Palazzo Mezzanotte, di fette di salame servite sopra dei vassoi insieme ai fac simili di azioni di Enron e Lehman Brother: uno sberleffo da parte dell’economia reale all’economia di carta. Le prime “si” mangiano, le seconde “ci” mangiano.
Nel mio peregrinare, comunque sempre appassionato, per musei e Biennali varie, ho avuto modo di vedere decine di provocazioni più o meno interessanti, su temi d’attualità. Gli artisti di oggi spesso si sentono investiti di una funzione sociale, per far esplodere le contraddizioni del sistema o per raccogliere la voce degli sconfitti. Ho visto operazioni interessanti in difesa dei diritti, o di attacco ai vari poteri, dell’est come dell’ovest. Ho visto un’infinità di azioni e di opere che mettono nel mirino il rischio ambientale.
Ora mi accorgo di non aver mai visto l’arte di oggi mettere a tema i meccanismi della speculazione finanziaria, che pur son tanto decisivi negli assetti del mondo d’oggi. E allora m’è venuto un pensiero perfido: che tutta questa prudenza sia orginata dal fatto che tra i cavalieri della speculazione ci sono quei grandi collezionisti che oggi decidono de alimentano i destini dell’arte a livello di critica e di mercato? Quindi meglio occuparsi d’altro…
Anche per questo motivo la provocazione dei maiali a Piazza Affari mi è sembrata una provocazione azzeccata.