L’ombra della ‘ndrangheta sulla sfidante della Minetti. Sara Giudice, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, quando corse per le comunali di Milano, avrebbe infatti goduto dell’appoggio di ‘ndranghetisti che gli avrebbero garantito 300/400 voti. Presumibilmente gli stessi ‘ndranghetisti che avevano già “investito” nel 2010 su Domenico Zambetti, il pidiellino assessore alla Casa della regione Lombardia arrestato ieri con l’accusa di aver pagato la malavita calabrese 200 mila euro per 4 mila degli oltre 11 mila voti che l’hanno portato ad essere eletto. La Giudice, passata alla ribalta delle cronache politiche nazionali già all’epoca delle elezioni regionali per la querelle contro la candidatura dell’avvenente igienista dentale riminese Nicole Minetti, inserita di forza nel listino Formigoni, e contro la quale propose anche una raccolta firme, alle elezioni comunali chiuse con 1000 preferenze dietro il candidato sindaco della sua lista Nuovo Polo per Milano, Manfredo Palmeri (Terzo Polo), e non entrò in Consiglio comunale per effetto del particolare meccanismo elettorale.
La decisione di ricorrere all’appoggio della ‘ndrangheta per assicurarsi l’elezione sarebbe stata presa dalla 25 enne Sara Giudice in accordo con suo padre Vincenzo, un ex consigliere comunale di zona 6 nonché presidente della società Metro Engeenering dal gennaio 2012. È d’obbligo tuttavia precisare che, a differenza di Zambetti, Vincenzo Giudice non è stato arrestato ed è indagato con l’ipotesi di corruzione semplice. Per Giudice infatti le indagini hanno accertato che l’ambasciatore della ’ndrangheta si presentò a lui sotto falso nome come un avvocato che recava il sostegno elettorale offerto da parte di una cordata di professionisti e imprenditori calabresi. Giudice non avrebbe nemmeno comprato i voti versando denaro nelle casse dei malavitosi ma soltanto promettendo di far entrare le imprese dei calabresi negli appalti della metrotranvia di Cosenza, che verrà realizzata Metro Engineering.
Sara Giudice, 25 anni, laureata allo Iulm, con un master al Sole 24 Ore, due esperienze di lavoro all’estero alle spalle e un contratto in una multinazionale, si era ribellata all’idea di essere scavalcata nel listino di Formigoni da un’ex ballerina di Colorado Cafè e igienista dentale al San Raffaele di cui con forza ha chiesto le dimissioni.
“Questa persona rappresenta se stessa. I giovani del Pdl sono un’altra cosa”, è stata la risposta del coordinatore lombardo del Popolo delle Libertà, Guido Podestà, che aveva commentato così la raccolta di firme della Giudice contro la Minetti: “Nessuno è colpevole fino a quando non c’è una sentenza passata in giudicato. La presunzione di innocenza è un concetto fondamentale ed è la base del vivere civile. È grave che venga messo in dubbio questo principio”.