Silvio Berlusconi è furente. Ieri Roberto Maroni ha annunciato all’ex premier Silvio Berlusconi il rifiuto della Lega di candidarsi alle prossime politiche in tandem con il Pdl. “Ricattatori” è il termine più ricorrente sulla bocca dell’ex inquilino di Palazzo Chigi e dei suoi. In primis, quelli lombardi, Mariastella Gelmini e Mario Mantovani che rifiutano qualsiasi tipo di ricatto dagli ex alleati. Se il Popolo della Libertà dovesse correre da solo, l’ex ministro all’istruzione potrebbe essere la candidata più probabile sebbene Berlusconi punti all’alleanza, avendo perso il super candidato per eccellenza, Roberto Formigoni. “Il punto è- si chiede Nicola Pasini- docente di Scienze Politiche all’Università Statale di Milano, interpellato da IlSussidiario.net- come, in questo momento, l’elettorato leghista percepisce Berlusconi. Se la base non lo tollerava prima, figuriamoci ora che ha perso di credibilità sia in Europa che all’interno del suo stesso partito”.
Nemmeno la Lega naviga in buone acque, dopo i problemi di leadership degli scorsi mesi..
Maroni è certamente più autorevole agli occhi del suo elettorato rispetto a quanto non lo sia Alfano per quello del Pdl ma anche il Carroccio non scoppia certo di salute. E’ una questione di tattica e trattative serrate, come spesso è avvenuto, fra questi due schieramenti. A mio avviso, anche la Lega è consapevole di aver bisogno del Pdl in Lombardia, ma per ora vuole giocare al rialzo.
Berlusconi oggi ha minacciato “Senza accordo per il Pirellone cadono Piemonte e Veneto”. Quanto può funzionare questo avvertimento?
Ad oggi, non so fino a che punto Berlusconi sia in grado di convincere i propri rappresentanti nei Consigli Regionali e, a maggior ragione, nelle Giunte di Veneto e Piemonte, a dimettersi per far cadere entrambe le Regioni. Un favore a Berlusconi varrebbe più di una poltrona sicura?
La Lega può davvero permettersi di fare la voce grossa e rischiare di andare ad elezioni in Lombardia senza Berlusconi e causare la caduta di Piemonte eVeneto?
La Lega sta bluffando come si fa ad una partita di poker perchè non ha per le mani grandi jolly da potersi giocare. Anche a livello nazionale. Tutto ciò non fa che favorire il centrosinistra, da cui non sono arrivate grandi proposte ma che è abile a “mettere la polvere sotto il tappeto”. Anche se alla prova dei fatti, vorrei vedere se andassero al Governo i vari Vendola e Fassina cosa farebbero contro Ichino o i dettami dell’agenda Monti. E un film già visto nel 2006 e nel 2008: del resto, in Italia la situazione è in stallo e sembra davvero non cambiare nulla.
Tornando alla Lega: perchè Maroni, filo-berlusconiano della prima ora, che aveva criticato il Ribaltone del ’94, rifiuta in maniera così categorica un’alleanza con il Cavaliere?
Roberto Maroni farebbe volentieri un accordo con Silvio Berlusconi: sa bene che con l’appoggio del Pdl avrebbe buone chance di competere con il candidato che uscirà dalle primarie di sabato, presumibilmente Ambrosoli. Senza il Popolo della Libertà, la candidatura di Maroni è solo una bella testimonianza e basta. Non c’è competizione in una regione come la Lombardia che non ha cambiato pelle ed è sempre orientata verso un centrodestra moderato. Però, d’altra parte è anche consapevole che una parte consistente dell’elettorato, non quello di opinione ma mosso da sentimenti di appartenenza, è molto “Berlusconi-fobica”. Sono quelli che partecipano a Pontida, che hanno come motto “duri e puri” o “meglio pochi ma buoni” e che, però, tirano avanti il Carroccio da sempre e non lo tradiranno mai. Maroni deve gestire le “inquietudini” della base.
Bossi ha dovuto fare la stessa cosa per molto tempo. Perchè per Maroni dovrebbe essere diverso?
Maroni non ha la stessa capacità di convinzione di Bossi. Per lo meno, non ancora. In più, con il ritiro del “Senatur” dalla scena politica, si sono scatenate anche tutte le diverse anime che si agitavano da tempo, ma che Bossi da buon leader carismatico, era capace di gestire: le due potenti componenti venete, capeggiate da Tosi e Zaia e quelle piemontesi e lombarde.
Qual è l’elemento che potrebbe permettere un’alleanza fra il Carroccio e il Pdl?
Solo la voglia di potere e il fatto di gestire la regione più importante d’Italia che sforna il 20% del Pil e vale tre o quattro ministeri. E, cosa più importante, favorirebbe il sogno strategico di costruire una macroregione che guardi più all’Europa che al centro del Paese.
Posto che, come ha detto prima, che Maroni da solo non può vincere. Se si facesse l’alleanza con il partito di Berlusconi e insieme vincessero, come cambierebbe la Lombardia soprattutto dopo 17 anni di reggenza formigoniana?
Dopo tutti questi anni di “formigonismo”, chiunque andrà a sostituirlo andrà a fare i conti con una certa modalità di intendere le politiche regionali. Il punto non sarà cambiare i direttori generali delle Asl attraverso lo spoiled system: c’è una grande macchina amministrativa che ha assecondato fortemente il disegno politico di Formigoni. Nel primo periodo, potremmo avere una sorta di burocratizzazione della politica dove l’apparato amministrativo servente è chi sa come si fanno lo politiche amministrative in Lombardia. Per cui, al di là degli annunci e delle iniziative a carattere simbolico, vedo ancora troppe resistenze da parte di chi ha portato avanti le politiche formigoniane. Del resto, la Lombardia è una delle regioni meglio gestire d’Italia e sarà difficilissimo smontare una macchina così ben oliata. Non mi aspetto rivoluzioni da un giorno all’altro: molto dipenderà da come si alleerà il nuovo ceto politico con le forze sociali presenti in questa regione.
La gestione sarà resa ancora più difficile, dal momento che l’alleanza come si diceva prima, sarà di facciata..
Il Pdl presenterà sicuramente il conto. L’assessorato alla sanità, fondamentale in Lombardia, andrà sicuramente ad un leghista, ma aspettiamoci prese di posizione molto forti.