In una recente intervista a IlSussidiario.net, Sergio Harari, direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano ed editorialista del Corriere della Sera per i temi di salute e sanità, svolge un’interessante analisi del sistema sanitario lombardo. Le sue considerazioni sui significativi progressi in termini di efficienza e qualità del servizio contribuiscono a descrivere il modello della sanità lombarda come un sistema di eccellenza riconosciuto e apprezzato anche a livello internazionale. Harari prospetta acutamente anche la necessità di un ripensamento delle linee guida del sistema stesso a fronte di una costante riduzione di risorse. La soluzione più appropriata è certamente quella di incentivare il coordinamento del settore ospedaliero e della ricerca biomedica, promuovendo un’organizzazione a rete per razionalizzare la spesa, massimizzare le prestazioni e valorizzare i risultati scientifici.
La Regione Lombardia si è già mossa in questa direzione con l’istituzione, nel novembre 2011, della Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica, chiamata ad operare in un campo oggi sempre più strategico e decisivo. La ricerca biomedica, infatti, ha raggiunto dimensioni impensabili soltanto qualche anno fa, offrendo un importante contributo al miglioramento delle cure sanitarie, soprattutto oncologiche e neurologiche, e delle aspettative di vita. Oggi la sfida è essenziale per la crescita della Lombardia e dell’Italia tutta.
La ricerca biomedica ha, per sua natura, una vocazione e un perimetro di azione internazionali, ancora più evidenti oggi in un contesto globale dove le informazioni e le nuove scoperte vengono condivise in tempo reale da una parte all’altra del pianeta. In questo contesto soffriamo però di un’eccessiva frammentazione degli attori che entrano in gioco.
In Lombardia è presente un sistema di eccellenze che comprende, oltre all’attività delle strutture ospedaliere, delle università e dei centri di ricerca, anche dinamiche realtà dell’industria farmaceutica, biotecnologica e biomedicale. Una piena valorizzazione di tale patrimonio ha bisogno di ricevere nuova spinta per competere con le aree più avanzate del mondo, attraverso il coordinamento e una maggiore integrazione dei diversi attori, così da moltiplicarne il valore.
La Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica intende contribuire con una risposta vincente a questa sfida. La sua mission è quella di strutturare il rapporto tra centri di ricerca, centri di cura e imprese, di favorire il trasferimento tecnologico e di incentivare gli investimenti nel settore in chiave di una rinnovata competitività interna e internazionale.
Essa dunque è nata per coordinare e valorizzare le eccellenze presenti sul territorio e per metterle a fattor comune. Una serie di azioni sono oggi necessarie: tra di esse la principale è destinata al superamento dell’ormai consolidato gap tra ricerca scientifica e trasferimento tecnologico che oggi si presentano spesso come due mondi separati e che difficilmente interagiscono. Da una parte la ricerca, accademica e non, che elabora nuove conoscenze e terapie mirate ma è limitata sul piano dello sviluppo del prodotto (l’Italia è al 4° posto nella classifica mondiale per produzione scientifica, ma al 27° per nuovi brevetti); dall’altra l’industria che con una significativa esperienza nello sviluppo di farmaci ha però un accesso limitato ai nuovi concetti terapeutici. La competitività internazionale richiede l’interazione tra queste realtà e il superamento di vecchie e anacronistiche barriere tra mondo della ricerca, mondo industriale e sistema clinico. Tutto ciò naturalmente nel quadro di un basilare rispetto per la persona del paziente e delle comunità terapeutica coinvolte.
La Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica porta con sé la proposta di un innovativo modello a rete capace di aggregare ricerca di base, sviluppo industriale e sperimentazione clinica senza indebolire il valore proprio dei singoli attori, ma consentendo di sviluppare adeguata massa critica per valorizzare le eccellenze esistenti. Un nuovo modello che favorisca la ricaduta unitaria della ricchezza prodotta in un sistema a rete centripeto e non centrifugo, pensato per superare il rischio di dispersione che la rete porta spesso con sé.
Tale progetto è realizzabile solo partendo da una più complessiva strategia di rilancio della stessa attività di ricerca, che rende imprescindibile individuare nuove forme adeguate di valorizzazione dell’attività di ricerca e di coloro che la sviluppano.
Questo è il compito che ci attende, a patto che tutti gli attori diano, ciascuno, il loro specifico apporto e consentano la messa a fattor comune di tutte le risorse presenti all’interno del sistema lombardo, per ridare alla ricerca il ruolo, che le è proprio, di leva fondamentale per la crescita e lo sviluppo del territorio.