Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia “già inquisito nel filone sulla Fondazione Maugeri, é ora indagato con il mediatore Pierangelo Daccò con l’ipotesi di corruzione anche in rapporto ai finanziamenti
pubblici erogati negli anni dal Pirellone alla vecchia gestione dell’ospedale San Raffaele fondato da Don Luigi Verzé e guidato sino al suicidio il 18 luglio 2011 dal vice presidente Mario Cal“. È quanto riporta oggi il Corriere della Sera. Si aggraverebbe, dunque, la posizione di Formigoni che finora aveva sempre ripetuto come questa “fosse una vicenda che riguarda alcuni privati e che la Regione Lombardia è del tutto estranea“. E non solo, a suo dire, “la magistratura ha indagato per 16 mesi e nessun addebito è stato sollevato nei confronti della regione: né del presidente, né di assessori, dirigenti o funzionari“. La situazione oggi, stando al quotidiano di via Solferino, sembra essere diversa.
Pronta la replica del governatore che si smarca e passa al contrattacco: “non è stato commesso alcun reato, nè alcun denaro pubblico è stato dissipato. L’unico reato di fronte a cui ci troveremmo se questa notizia fosse vera è la sua pubblicazione, perchè io di queste indagini non sono stato informato come la legge prevede”. Una replica secca che liquida quindi come un tentativo di strumentalizzazione tramite una fuga di notizie (vere o false) a cui siamo abituati da lungo tempo.
Dallo scorso anno Formigoni era indagato per le ipotesi di corruzione e illecito finanziamento in relazione ai presunti favori del valore stimato attorno ai 7,5 milioni a lui destinati dall’amico Daccò, intermediario che dalla Fondazione Maugeri di Pavia era contemporaneamente stato gratificato con ben 60 milioni in 10 anni per riuscire ad avere, a sua volta, l’intercessione della Regione nei suoi affari.
La novità, come risulta dalle pagine del Corriere, sarebbe che “la Procura ritiene di poter sostenere che i benefit ipotizzati come tangenti a Formigoni sarebbero arrivati da un portafoglio-Daccò alimentato dalla confluenza non solo dei 60 milioni di compensi illeciti versati all’estero al mediatore dalla Fondazione Maugeri, ma anche da 7/8 milioni arrivati invece a Daccò dal San Raffaele: un po’ più di 2 milioni con bonifici a Daccò, e oltre 5 milioni in contanti che il vicepresidente dell’istituto di don Verzé, dopo averli creati dalle sovrafatturazioni con alcuni fornitori, aveva consegnato a Daccò“.
I nuovi scenari aperti dalla Procura deriverebbero dagli interrogatori di almeno due dirigenti regionali e dalla
relazione del consulente tecnico dei pubblici ministeri, un architetto incaricato già altre volte dalla Procura, sulle delibere dei finanziamenti regionali nell’era Formigoni 1995-2010. I primi avrebbero fornito chiarimenti
tecnici sull’intricatissimi giri legati alla “remunerazione delle funzioni non coperte da tariffe predefinite”. In altre parole dei bonus che il Pirellone, in aggiunta ai fondi già versati per rimborsare le cure mediche prestate agli ammalati, distribuisce agli ospedali come riconoscimento di attività d’eccellenza, in base a parametri con ampio margine di discrezionalità.
Ciò che emergerebbe dell’analisi del consulente della Procura sono le “stranezze” riscontrate. A suo avviso ci sarebbe non poca confusione sulle modalità di alcune scelte contenute nelle delibere di molti degli anni esaminati e avrebbe detto “di non poter tacere il fatto che i criteri e gli indicatori stessi, in base ai quali operare il riparto del fondo stanziato, vengono proposti alla Giunta e deliberati dalla Giunta quando l’assetto funzionale e le capacità produttive dei reparti potenzialmente assegnatari dei finanziamenti erano ben noti agli uffici regionali. Circostanza che non depone certamente a favore dell’imparzialità dell’azione amministrativa, soprattutto se l’esito della procedura presenta l’evidente squilibrio in favore di uno degli operatori, nella fattispecie l’Ospedale San Raffaele, presenti sul mercato regionale delle prestazioni chirurgiche“.