Comunque vada, chi rischia di farsi male sul serio è il Pdl. Da primo partito in Italia e in Lombardia, potrebbe diventare in entrambi i casi irrilevante. E, in entrambi i casi, ha quindi un disperato bisogno di allearsi con la lega. Che, dal canto suo, tergiversa e, per ora, non sembra per nulla intenzionata a concedere, in Regione, quell’accordo propedeutico alla coalizione alle Politiche. Del resto, sa bene che, anche competendo da sola, avrebbe solo di che guadagnarci; condurrebbe una battaglia di testimonianza che la premierebbe con la riconquista degli elettori perduti a causa degli scandali dei mesi scorsi; in tandem con il Pdl, invece, avrebbe ottime chance di conquistare il Pirellone e condizionare l’azione del Parlamento. Il professor Stefano Bruno Galli, promotore della lista civica Maroni Presidente, ci spiega, all’interno di questi opzioni, che margini negoziali si possono aprire.
Perché, anzitutto, la Lega non vuole Berlusconi candidato premier?
Per l’avversione generalizzata, tanto per cominciare, della base leghista. Inoltre, con l’accelerazione prodotta da Monti all’evoluzione del quadro politico, Berlusconi rappresenta l’antico, il legame col passato.
Posto che si faccia da parte, escluderebbe un accordo con il Pdl?
Vede, la Lega, attualmente, tratta in Lombardia con il Pdl da un rapporto di superiorità. La prima, infatti, è data al 20%, il secondo alla metà. La richiesta di qualsiasi forma accordo, quindi, deve anzitutto provenire dal Pdl e tenere conto della situazione.
Quali sono le condizioni del Carroccio?
Il Pdl dovrebbe impegnarsi a realizzare la macroregione del nord, e a far sì che le risorse fiscali restino sul territorio che le ha prodotte. Questo, in sostanza, è il progetto di Maroni. Tutto il resto, sono tatticismi da prima e da seconda Repubblica che al partito non interessano. Di conseguenza, se da parte del Pdl non c’è una piena condivisione di questa prospettiva, vedo estremamente difficile qualunque accordo.
Senza accordo, però, la Lega in Lombardia non ha alcuna chance di vittoria
Non c’è solo la Lega (che è data al 20-22%), ma anche la lista civica pro Maroni, di cui sono promotore, che si aggira sul 10% e il movimento di Tremonti, dato intorno al 4%. Siamo attorno al 35%.
Uno degli scopi principali della Lega è quello di mantenere il 75% della tasse lombarde sul territorio lombardo; come può pensare di riuscirci se alle Politiche correrà da sola, rischiando di disporre di un’esigua pattuglia di parlamentari o, addirittura, di non entrare proprio in Parlamento?
Se la Lombardia fosse guidata dalla Lega, la macroregione del nord, si sarebbe costituita di fatto, nascendo dall’Unione con il Piemonte e il Veneto, già entrambe a guida leghista. A quel punto, il nuovo soggetto si porrebbe nei confronti di Roma in un rapporto di contratto-scambio. Disporrebbe, cioè, di un’elevata forza negoziale, a prescindere dalla sua presenza in Parlamento.
La macroregione del nord a guida leghista non si realizza se Berlusconi decide di staccare la spina alla giunta piemontese e a quella veneta, attraverso le dimissioni in massa di consiglieri e assessori pidiellini
Si tratterebbe di un giochino da prima Repubblica che il suo elettorato non gli perdonerebbe, punendolo duramente alle Politiche.
Se Berlusconi facesse un passo indietro, accettando di fare il leader di coalizione ma non il candidato premier, e le suddette condizioni fossero accettate, la Lega farebbe l’accordo?
Non si può escludere.
Se il candidato fosse Tosi?
Ci sarebbero ampi margini di negoziato. Le possibilità sarebbero alte.
Ovvio, è leghista. Ma se il candidato fosse Tremonti?
Anche in tal caso, il terreno di convergenza, sarebbe certamente più ampio che nel caso della candidatura di Berlusconi. Il problema è che Tremonti, per le posizioni che ha assunto in passato (è il più anti-montiano) e per essere uscito di fatto dal suo partito per costituire un suo movimento, è decisamente più indigesto al Pdl che alla Lega.
Come vede una candidatura di Alfano?
Non credo che sarebbe digerita dalla Lega.
A dire il vero, il Carroccio si era impegnato ad un’alleanza alle politiche se il Pdl avesse staccato la spina al governo Monti e se avesse candidato Maroni in Lombardia. Due condizioni che, in sostanza, sono state rispettate
Beh, finora il Pdl non ha candidato ufficialmente Maroni. Non dimentichiamo che Albertini è ancora in pista.
C’è il rischio che il Pdl si spacchi?
Più che altro, ci saranno dei voti in libera uscita. Basti pensare a quelli legati a Formigoni o ai più montiani del Pdl.
Alla fine il Pdl potrebbe cedere su tutta la linea?
La vedo dura. Sta di fatto che non può, alla fine, non rendersi conto, che la Lombardia – una Regione con il pil della Svezia e le dimensioni del Belgio – non può essere gestita da un avvocato o da un ex sindaco; per guidarla serve, almeno, una persona che è stata ministro.
(Paolo Nessi)