IL CASO/ Le coppie omosessuali, le adozioni e la sfida dei cattolici
Per LORENZA VIOLINI, occorre capire se l’essere genitori si leghi al generare fisico o a un puro volere. Solo legare la genitorialità alla procreazione naturale ha un che di indissolubile

Un incontro organizzato dall’Università Vita-Salute del San Raffaele dal titolo “Coppie omosessuali: procreazione e genitorialità”. Si è tenuto il 4 dicembre su iniziativa del Cesep – Centro Studi di Etica Pubblica. L’ateneo milanese si è trasformato in un luogo di dibattito su un tema eticamente sensibile, sul quale spesso non mancano polemiche e contrapposizioni. Per Lorenza Violini, professoressa di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano, quando si parla di genitorialità delle coppie omosessuali, “il vero discrimine è capire se l’essere genitori si leghi al generare fisico o a un puro atto di volontà. L’atto volontario del generare, tale per cui io genero se voglio, sembrerebbe quasi preludere a un ‘se poi non voglio non genero più’. Mentre il legare la genitorialità alla procreazione naturale ha un che di indissolubile, definitivo, irreversibile”.
Professoressa Violini, procreazione e genitorialità possono diventare di competenza delle stesse coppie omosessuali?
Quelli della genitorialità, procreazione ed educazione dei figli sono temi che possono essere letti in modo dissociato o essere posti in connessione tra loro. La Costituzione pone un nesso molto stretto tra educazione e procreazione, dove per procreazione si intende però il fatto naturale del generare fisico. Quella dei padri costituenti è cioè una concezione molto lontana dalla sensibilità attuale che tenderebbe a svincolare il generare dalla fisicità, ponendo invece più l’accento sulla volontarietà del generare.
Quale cambiamento si pone all’origine dell’attuale concezione?
L’attuale concezione è che se uno vuole un figlio se lo procura con tutti i mezzi che la tecnica ha a disposizione. Si tratta di due visioni opposte, e non c’è dubbio che quella legata a una procreazione naturale sia più conforme a un’idea cristiana della vita. Una vita cioè come un dono, che ha una dimensione anche oggettivamente identificabile.
Quali sono le conseguenze di queste due concezioni dell’essere genitore?
Se noi confrontiamo le due concezioni ne vediamo anche le profondissime differenze. Il legare la genitorialità alla procreazione naturale ha un che di indissolubile, definitivo, irreversibile. Se il figlio è mio perché lo ho generato, questo diventa un fatto non più modificabile nell’esistenza.
In che modo si vince questa battaglia?
Bisogna incominciare a capire se oggi il modello familiare tradizionale è qualcosa che ha ancora senso proporre, prima ancora che regolamentare, come modello socialmente valido. Da questo punto di vista di argomenti a favore della famiglia tradizionale ce ne sono a non finire ed è su questo fronte che possiamo quindi giocare la nostra battaglia. Poiché viviamo in una società pluralista, sarà tutto da verificare quale sia la posizione della maggioranza in Parlamento.
La posizione della nostra Costituzione su questo punto è univoca?
Non è questo il vero tema, quanto piuttosto la necessità di capire se le coppie omosessuali vadano o meno regolamentate. A quel punto noi cattolici dovremo giocare la battaglia anche su temi estremamente delicati come quello dell’adozione, sperando di riuscire a vincerla più sul piano psicologico, culturale e sociologico che non giuridico.
A che cosa si riferisce?
Il modello di riferimento per l’educazione di un figlio dovrebbe essere di tipo differenziato, in cui l’elemento di crescita di un minorenne è determinato da due esperienze umanamente diverse e unite, cioè l’uomo e la donna. Mentre se i modelli di riferimento sono univoci, può darsi che questo crei dei problemi a chi si sta formando attraverso le fasi dell’infanzia e dell’adolescenza.
(Pietro Vernizzi)
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