Caro direttore,
ero un gran lavoratore. Avevo 14 o 15 anni e facevo il muratore. Al mattino andavo a scuola e il resto della giornata lo passavo in cantiere. Lavoravo tanto e con impegno, ma a un certo punto i datori di lavoro hanno cominciato a non pagare regolarmente o a non pagare affatto. Per un po’ ho resistito, con pazienza, perché volevo conservare quel posto, ma a lungo andare ho mollato. Ho conosciuto dei tizi e, affascinato dal soldo facile, ho cominciato a commettere i primi furti.
Il primo arresto è stato il giorno del mio diciottesimo compleanno. A casa, la mia famiglia mi aspettava con la torta e io ero finito in cella.
Poi ho cominciato con la droga. Avevo bisogno di soldi e l’unico modo per ottenerli in fretta era rubare. Così continuavo a delinquere.
Entravo, uscivo e ritornavo dentro. Sono stato trasferito in altre città, anche lontane dal paese dove vivevo, e i miei erano costretti a fare lunghi viaggi per venirmi a trovare. Io, intanto, continuavo a ricadere negli stessi errori.
L’esperienza del carcere è stata dura, ma mi ha insegnato a vivere. Durante la detenzione, per sopravvivere alla privazione della libertà e alla sofferenza che genera, ho imparato a organizzare le giornate fino all’ultimo minuto. Mi buttavo a capofitto in qualsiasi attività mi proponessero, lavoravo, mi allenavo, cucinavo… Riempivo il tempo che avevo a disposizione per non pensare al dolore che provavo a essere rinchiuso. Ricordo l’abbattimento delle sbarre, le domandine per chiedere anche le cose più semplici, l’impossibilità di farsi una doccia senza essere accompagnati da qualcuno che ti controlla, le lunghe attese per ricevere i tuoi cari… Il carcere non è un bel posto, ma ha rafforzato il mio carattere, mi ha trasformato. Non sapevo cuocere un uovo sodo prima di entrare, in carcere ho imparato a cucinare e a fare il giardiniere.
Ho avuto la possibilità di uscire e intraprendere un percorso in comunità. Mi trovavo bene, avevo la mia casa e lavoravo come giardiniere. Una volta sono stato licenziato. Sono andato avanti per un po’ con i soldi che avevo messo da parte ma senza svolgere attività ho avuto una ricaduta e sono stato costretto a rientrare in comunità.
Dopo un mese sono tornato a galla, ma ero senza lavoro e sono finito sulla strada. Dormivo sulle panchine dei giardini pubblici di Milano.
Ero sempre alla ricerca di un lavoro, ma anche di persone disposte ad aiutarmi. Poi, grazie a un lavoretto, ho incontrato alcuni amici che fanno i volontari nelle carceri, i quali mi hanno accolto, offrendomi ospitalità in un appartamento e una concreta possibilità di accompagnamento. Finalmente non ero più solo: sulla strada della riconquista di una vita normale adesso ci sono questi nuovi amici. Tante volte mi sono sentito cadere le braccia, ma per fortuna c’è sempre stato qualcuno che mi ha dato una mano a ripartire.
Oggi vivo in affitto in un monolocale e gestisco l’archivio di uno studio commercialista di Milano. Mi piace molto cucinare. Stasera avrò ospiti a cena.
Dormo tranquillo sul mio cuscino e la mia famiglia è contenta. Adesso sì che la vita è bella!
Carmelo