I 29mila alloggi di proprietà del Comune di Milano da domani passeranno dalla gestione Aler alla Metropolitana milanese. Una gestione che dovrà ripartire dal mettere ordine al caos delle pratiche: un magazzino pieno di documenti da verificare. Adeguamenti mai fatti, bollette di affitto saldate ma che oggi non risultano, anziani deceduti a fine 2003, il cui alloggio è stato rilasciato, ma la figlia continua a ricevere le bollette del canone. Ne parla il “Corriere della Sera”. “Il lavoro è stato fatto male in passato – dice l’assessore comunale alla Casa Daniela Benelli – perciò ora è doveroso un approfondimento serio e definitivo”. Intanto da qualche settimana ci sono nel magazzino circa 1.800 scatoloni pieni di pratiche delle case popolari del Comune. E bisognerà confrontare i documenti con gli archivi informatici e con la realtà. Quindi dove necessario correggere i dati. Un lavoro “assolutamente necessario perché entriamo nella anno zero” di una nuova gestione. E per questo bisogna partire rimettendo ordine, per avere una visione chiara e corretta sia del patrimonio immobiliare, sia degli inquilini. È una questione di serietà e buona amministrazione” , spiega l’assessore. Saranno 15 gli impiegati preposti a questo incarico che dovrà essere svolto entro sei mesi. Una mole di lavoro che si è accumulata negli anni, dal 2003 quando il sindaco Gabriele Alberini aveva affidato la gestione delle case popolari a tre gestori privati: Edilnord, Gefi, Romeo. Nel 2009, poi, il sindaco Letizia Moratti riconsegnò le case popolari all’Aler. Da qui il dramma burocratico e amministrativo, dovuto al fatto che i tre privati usavano tre programmi diversi per emettere le bollette del canone d’affitto e delle spese, ma nessuno dei tre programmi “parlava” con quello dell’Aler. Quindi è stato necessario mettere in comunicazione le piattaforme informatiche e farsi riconsegnare dai privati tutti i documenti cartacei: contratti, redditi, stati delle famiglie. Di conseguenza bisognava riallineare i dati. Aler ha fatto buona parte di questo lavoro, ma il sistema informatico non accettava alcune informazioni. Si è arrivati dunque a oggi con questi 1.800 scatoloni con pratiche da rivedere. (Serena Marotta)