Sabato pomeriggio a Milano, dalle 16.30 alle 17.30, circa cinquecento persone (la stima la faccio io, usando come unità di misura una delle aule in cui faccio lezione) hanno manifestato silenziosamente in Piazza Mercanti per la libertà di espressione.
Le “sentinelle in piedi”, ramificazione internazionale dei “veilleurs” francesi e della “manif pour tous” (leggi “manif pur tus”, cioè “manifestazione per tutti”, l’ultima s si pronuncia perché tous è pronome, mentre quando è aggettivo si legge tu), vegliano per difendere la libertà di espressione. Uomini e donne di tutte le età, parecchi giovani; molti si conoscevano già, molti partecipavano per la prima volta all’iniziativa: mi scrive un’amica tornando a casa, “grazie ancora per oggi, il tuo sms mi ha fatto decidere e non me ne sono pentita”.
L’esperienza di stare in piedi a leggere in piazza Duomo un sabato pomeriggio, mentre la gente passa in mezzo ai manifestanti immobili sbocconcellando hamburger di McDonald’s o chiacchierando dell’affarone appena trovato ai saldi, ha qualcosa di vagamente irreale e qualcosa di estremamente reale. Irreale: mi sono sentita un personaggio di Fahrenheit 451, il romanzone di Ray Bradbury in cui il governo ha proibito la scrittura e ha bruciato tutti i libri; è obbligatorio essere analfabeta, leggere è un reato e chi possiede un libro è considerato un pericoloso criminale… Non disdegno né McDonald’s (con la moderazione richiesta dall’età) né i saldi (…), ma in qualche modo il fatto di mettersi a leggere per strada grida abbastanza forte che ci sono altri modi di impiegare il proprio tempo. Che fermarsi a pensare è un bene prezioso. Che leggere un libro fa bene alla nostra umanità. Che al sabato pomeriggio si può anche fare altro. Che le cose belle ci sono ma, se non mi fermo a guardarle, è come se per me non ci fossero… Mi ha fatto ridere – e un po’ mi ha commosso – il fatto che alcuni studenti avessero portato il libro di testo che stanno studiando per il prossimo esame (del resto, io avevo portato una tragedia di Racine… pessima scelta, avrei dovuto seguire il consiglio di una conoscente “porta un fumetto, penso che valga lo stesso”).
Estremamente reale: ci sono intorno a me altre quattrocentonovantanove persone che leggono in silenzio. Ogni tanto ci si scambia uno sguardo e un sorriso. Cosa li ha portati qui? Settimana scorsa ero in Francia per lavoro e ho avuto modo di ascoltare i racconti di persone che hanno partecipato alle numerosissime manifestazioni a favore della famiglia che si svolte negli ultimi mesi a Parigi e in molte altre città.
Racconti semplici: i francesi hanno rivendicato il loro diritto di esprimere pacificamente il dissenso verso azioni intraprese dal governo, azioni che non tenevano adeguatamente conto della vita vissuta di un numero enorme di cittadini. Per informazioni rimando a due siti francesi documentatissimi, quello del movimento “Ecologie humaine” e quello di “Alliance Vita”. Ben al di qua del merito delle questioni, la libertà di espressione è il fondamento irrinunciabile di qualsiasi convivenza democratica. Ed è proprio il rispetto per la dignità di ciascuno ciò che consente che il dialogo civile si realizzi come “pratica condivisa della ragione”. Non cioè come pura espressione e affermazione di qualsiasi opinione, nell’illusione che basti garantire la libertà di affermare qualsiasi cosa per garantire il buon funzionamento della democrazia (la situazione politica attuale ci mostra che non è affatto così), bensì come confronto di argomenti, posizioni, esperienze, in cui i cittadini si impegnano onestamente nell’espressione e nell’ascolto dell’altro. Speriamo che leggere in piazza serva a qualcosa…