La tragedia di Pioltello, l’incidente ferroviario che è costato la vita a tre donne che si recavano al lavoro e ha causato altri 46 feriti, lascia senza fiato. Per la modalità con cui ti raggiunge, nella quotidianità più ordinaria di un viaggio casa-lavoro. Per il destino beffardo di un tratto di linea usurato, che — dicono — sarebbe stato riparato di lì a poco. Per il richiamo alla responsabilità di chi governa, di chi amministra, di chi gestisce. E per il richiamo, drammatico e terribile, alla responsabilità di chi vuole candidarsi a ruoli pubblici nell’ente responsabile delle ferrovie in Lombardia.
Ho deciso di provarci, accettando la candidatura nella lista civica Gori Presidente nel collegio di Milano e provincia, a sostegno di Giorgio Gori come candidato alla Presidenza di Regione Lombardia. “Ma chi te lo ha fatto fare?” mi chiedono alcuni amici. In fondo, di ambiti di impegno ne avevo e ne ho parecchi: dalla famiglia (ho cinque figli e una santa moglie con cui cerchiamo di tirarli grandi), una cooperativa scolastica che contribuisco a gestire, un lavoro in cui aiuto aziende e associazioni a relazionarsi con gli enti pubblici…. Ho assecondato una passione, forse fuori moda, di impegno politico; vorrei provarci anch’io in un momento dove monta, anche nella mia generazione, il disinteresse e il disimpegno.
E perché con Giorgio Gori? Qui la risposta è più semplice: per le caratteristiche della persona, manager capace, imprenditore di successo, sindaco efficiente e inclusivo; per come si è posto, con determinazione e passione, dentro a questa sfida; per la concretezza e il realismo delle sue proposte. Mi ha colpito una dichiarazione, che fece all’inizio della sua avventura: “Tra Maroni e Formigoni il migliore presidente della Lombardia è stato certamente Formigoni. Nell’ultima fase della sua gestione ha fatto delle cose abbastanza criticabili, ma nei 18 anni in cui ha governato la Lombardia Formigoni ha espresso un’idea forte della politica: lo Stato non deve soffocare la società, ma deve favorire il suo fiorire”. In questo mi sono riconosciuto, e ho potuto constatare anche che la “discontinuità” predicata e attuata da Maroni rispetto al suo predecessore si era esplicata nella mancanza di cura per le politiche e le buone pratiche amministrative: persone demotivate lavorano ogni giorno a Palazzo Lombardia, politiche ferme, spinta esaurita.
Anche nello slogan della campagna, “Fare, meglio”, ho riscontrato la volontà di non rompere col passato, ma di migliorare ciò che funziona, cercando di rispondere alle esigenze del mondo di oggi (dall’invecchiamento della popolazione alla denatalità, dall’immigrazione alle sfide del lavoro e dell’innovazione).
Dal confronto di questi giorni ho poi trovato attenzione ai temi e alle politiche più interessanti per la mia esperienza e le mie convinzioni: in primis, la volontà di investire sul diritto allo studio (mantenendo il buono scuola) e sulla formazione professionale, con maggiore attenzione a quella cosiddetta “tecnica superiore”, ovvero alla possibilità di specializzarsi (dopo il corso di studi o per reinserirsi nel mercato del lavoro) secondo le professionalità che richiede il mercato.
Anche sulla sanità Giorgio Gori ha avanzato proposte di buon senso, che cercano di rimediare a quegli aspetti distorti del progetto di riforma di Maroni: dalla valorizzazione dei medici di famiglia nella gestione delle cronicità al mantenimento dei presidi locali per i servizi sanitari ai cittadini.
Da ultimo, la volontà di investire nell’offerta dei servizi alle famiglie, a partire dagli asili nido (che vanno prima aumentati, poi, eventualmente, resi gratuiti), fino ai servizi di assistenza per anziani, in collaborazione con gli enti locali e le realtà del terzo settore.
E perché con il centrosinistra? Oggi la coalizione di centrosinistra, che sta abbandonando gli estremismi ideologici del passato, è quella che meglio può avviare un dialogo inclusivo, costruttivo, capace di valorizzare il meglio delle esperienze che riceve. Dalla parte opposta la coalizione di centrodestra subisce una mutazione genetica, in cui i moderati sono sempre più residuali e dove il pensiero dominante è quello leghista di Matteo Salvini.
E poi, anche in Regione Lombardia, un po’ di aria nuova farebbe bene a tutti.