Mimmo Locasciulli celebra i 50 anni di carriera con un disco dove reincide alcune delle sue canzoni e un brano inedito
C’è stato un tempo in cui un medico chirurgo si divideva tra la sala operatoria e il palcoscenico, tra bisturi e canzoni. Si chiamava Enzo Jannacci. Anche Mimmo Locasciulli ha percorso questo doppio sentiero, apparentemente inconciliabile, ma unito da un legame profondo: il primo lavoro salva i corpi, il secondo le anime. Entrambi, in modi diversi, hanno saputo donare vita, dignità e speranza. E questo dono si riflette nelle loro canzoni, fatte di compassione, amore, rispetto per chi resta indietro, per gli ultimi, per i dimenticati.
Jannacci oggi non c’è più. Ma Locasciulli è ancora con noi, e festeggia cinquant’anni di musica, cominciati tra le mura cariche di storia del Folkstudio romano, dove mossero i primi passi anche artisti come Francesco De Gregori, compagno di tante avventure. Insieme hanno condiviso il palco di “Titanic” e inciso toccanti riletture in italiano di Bob Dylan e Leonard Cohen, due loro numi tutelari.
Locasciulli ha sempre scelto con cura la propria strada, lontano dalle mode e dalle scorciatoie commerciali. Ha collaborato con musicisti internazionali, alcuni legati a un altro suo faro artistico, Tom Waits. La sua discografia è un cammino coerente, profondo, mai banale, sempre fedele a una visione autentica e personale della musica e della vita.<
Oggi celebra questo mezzo secolo di carriera con un album intenso e poetico: Dove lo sguardo si perde. Non una semplice antologia, ma una rilettura delicata e matura di alcune tra le sue canzoni più care, reinterpretate con nuovi arrangiamenti per pianoforte, contrabbasso e archi. Un gesto d’amore verso la propria opera, e verso chi l’ha accompagnato lungo il cammino.
Il disco si chiude con l’inedito L’amore dov’è, scritto con il figlio Matteo, contrabbassista e produttore del progetto, e accompagnato dal raffinato Quartetto Pessoa. Un brano che è quasi una carezza, un invito al silenzio e alla lentezza, in un tempo che corre troppo veloce. È il cuore pulsante dell’album, il suo centro emotivo.
C’è una malinconia dolce e consapevole che attraversa tutto il disco. In queste nuove versioni di brani come Idra (Delitti perfetti, 1982), Tutto bene (Sognadoro, 1985), Cara Lucia (Piano piano, 2006), e Dicembre (Clandestina, 1986), tra le altre, affiora un senso di tenerezza verso la vita: tra sconfitte e sogni, tra perdite e rinascite, tra ciò che è stato e ciò che ancora può essere. Come in una meditabonda giornata di pioggia.
“Lo sguardo si perde dove lo porta la mente, ma con il visto del cuore” racconta Mimmo Locasciulli. “Il mio si è perso e diluito nella bellezza del vivere, nei colori della gioia, nelle ombre del dolore, nei voli di fantasia, negli enigmi dei sogni, nei dubbi eversivi, nelle paure domate. Di tutto è rimasta una traccia, un sentiero di continuità. Fotografie nitide, sfuocate, casuali, coincidenti. Qui c’è il racconto. Pagine scritte e ancora da scrivere. La leggerezza degli anni innocenti, le speranze che hanno nutrito i miei anni, le riflessioni nell’incertezza, l’amore dato e ricevuto e, anche, una carezza agli ultimi nel mondo”.
Ed è proprio quella carezza, quella degli ultimi, che chiedeva anche Jannacci. Quella del Nazareno. Che meraviglia, i medici cantautori. Con il cuore nelle mani, e le mani pronte a curare.
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