“Una difesa che potrebbe anche essere attiva, senza limitarsi ad abbattere i missili o i droni che mettono in pericolo le navi mercantili che transitano nel Mar Rosso, ma andando a colpire le basi da cui partono le minacce stesse. Come hanno fatto sinora USA, Gran Bretagna e la coalizione dei Paesi che hanno risposto militarmente agli attacchi degli Houthi. Per capire fino a che punto si spingerà la missione, decisa in sede di Consiglio degli Affari esteri dell’Unione Europea (che dovrà essere ratificata il 19 febbraio), bisognerà attendere la definizione delle regole di ingaggio, perché il compito delle nostre navi militari, insieme a quelle di Francia e Germania, potrebbe anche essere di attaccare i luoghi in cui si materializza la minaccia dei missili e droni, quelli da cui vengono lanciati contro i mercantili.
La missione europea, spiega Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, fondatore dell’Igsda e membro del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation, si distingue da quella degli USA e dalla loro coalizione perché punta a garantire la libera circolazione delle navi senza che questo sottintenda un appoggio a Israele. Tra le due operazioni ci dovrà essere comunque un coordinamento. Italia, Francia e Germania sono le nazioni europee più colpite dai problemi di navigazione del Mar Rosso: molta della merce che arriva nei porti di Genova e Trieste è destinata al mercato europeo, tedesco in particolare.
Cosa vuol dire missione difensiva e perché c’è bisogno di un intervento diverso da quello che fa capo a Usa e Gran Bretagna?
Bisogna vedere quali saranno le regole di ingaggio. Difensiva può voler dire che sia destinata a distruggere sul terreno le basi di partenza dei missili. Difensiva è stata definita anche l’azione degli americani e dei britannici, con la quale sono state bombardate le basi da cui partono i missili e i droni dei terroristi Houthi e che ha permesso di neutralizzare gli attacchi dei barchini pirata. Difendersi da una minaccia può anche voler dire distruggere le basi di partenza nel territorio avversario. Se poi le regole di ingaggio delle navi stabiliranno soltanto di difendere le navi in transito, è un altro approccio. Bisognerà vedere come verranno scritte le ROE (Rules of Engagement, nda).
Infatti, il nostro ministro degli Esteri, Tajani, parla di regole di ingaggio diverse, più forti dal punto di vista militare, per tutelare il traffico marittimo. Significa che apre alla possibilità di un intervento più determinato?
Se verrà prevista la difesa dalla minaccia ovunque essa si materializzi, potrebbe voler dire autorizzare le forze italiane ed europee a colpire preventivamente nel territorio dello Yemen, occupato dai terroristi.
Ma perché le nazioni europee agiscono indipendentemente dalla coalizione che ha già attaccato i ribelli dello Yemen? Come mai c’è bisogno di distinguere questa operazione da quella di Usa e Regno Unito?
Sicuramente, la logica è diversificarsi da loro, per fare in modo di non essere considerati come se si fosse nello stesso fronte. Gli americani e britannici si sono schierati, a parere degli Houthi, anche a protezione degli interessi degli israeliani. Gli europei vogliono fare qualcosa di diverso per far capire che la loro operazione è solo di difesa del libero traffico commerciale, senza che ci sia un’alleanza con Israele. Non vogliamo passare per Paesi che combattono gli Houthi perché sono a favore di Tel Aviv. L’approccio di USA e britannici non coincide con quello dell’Europa.
Si tratta di un’operazione che prevede un passaggio parlamentare?
In tutti i casi ci sarà un passaggio parlamentare: sicuramente il Governo informerà il Parlamento di quanto deciso.
Vuol dire che prima di vedere le nostre navi impegnate in questa missione bisognerà aspettare un po’?
La decisione finale verrà presa, o meglio, confermata il 19 febbraio, in una nuova riunione dei ministri degli Esteri della UE. La missione va preparata, va informato ufficialmente l’ONU. Ci sono dei tempi tecnici; quando inizierà, dovrebbe essere organizzata in modo da far riprendere subito il traffico navale, senza che gli Houthi possano più ostacolarlo. Il tempo da qui al 19 febbraio sarà utilizzato per prepararsi ad attivare l’operazione (rischierando le navi interessate) in modo che siano sul posto e pronte ad agire appena verrà confermata la decisione politica.
Italia, Francia e Germania hanno la forza navale per bloccare gli Houthi?
Sì, le nostre navi hanno il potenziale per svolgere queste azioni, così come quelle francesi e tedesche. Altrimenti, non si sarebbe neanche pensato di porre in atto un’operazione del genere.
Italia, Francia e Germania sono le tre nazioni più colpite dalle difficoltà di navigazione del Mar Rosso?
Anche le merci destinate alla Germania devono arrivare nei porti del Mediterraneo: i principali sono quelli di Trieste, Genova e Marsiglia. La fabbrica della Tesla che ha interrotto temporaneamente la produzione per mancanza di componenti è in Germania. L’impatto sul nostro Pil delle merci che giungono nei porti italiani è importante. Il 20% del commercio mondiale passa da Suez (il cui blocco penalizza anche e pesantemente l’Egitto) e di questo commercio la maggior parte del traffico va verso porti italiani.
Nella coalizione che fa capo agli Usa c’è comunque una presenza europea, i Paesi Bassi: ci sono differenti posizioni anche in Europa?
Fino al 19 febbraio c’è tempo per aderire alla missione; potrebbero esserci Paesi che partecipano a entrambe. Ci sarà bisogno comunque di un coordinamento, non si può lavorare senza tenere conto di un’altra missione che più o meno ha lo stesso scopo e la stessa controparte.
Cosa ci dobbiamo aspettare, una missione di lunga durata? Quanto possono continuare gli Houthi nella loro azione di disturbo delle navi?
Americani e britannici hanno fatto, e stanno facendo, quello che ritengono giusto fare. I terroristi Houthi più passa il tempo, meno riceveranno aiuti e armi per continuare la loro azione. Avranno sempre meno missili disponibili e si ridurrà la loro capacità offensiva. Ogni volta che usano un missile, viene colpita la zona da cui parte. Non credo che arrivino loro ulteriori rifornimenti da parte dell’Iran, perché verranno monitorati e bloccati. L’operazione proseguirà fino a che non verrà risolto completamente il problema. Non è possibile valutare quanto tempo ci vorrà, ma bisognerà farlo in modo determinato e definitivo.
(Paolo Rossetti)
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