Prosegue il processo a carico di Monia Bortolotti: la mamma 28enne accusata di aver soffocato i suoi due figli di 2 e 4 mesi
Procede serrato il processo a carico della 28enne Monia Bortolotti accusata di aver soffocato il figlio di 2 mesi Mattia e la sorellina di 4 mesi Alice a distanza – l’uno dall’altro – di circa un anno: un processo complesso e che durerà ancora a lungo (la prossima udienza è fissata per il 27 giugno con le perizie del medico legale sui corpicini senza vita delle giovanissime vittime) e l’indagata si trova attualmente nel reparto psichiatrico del carcere mantovano di Castiglione delle Stiviere; mentre nell’udienza odierna per il caso Monia Bortolotti è stato ascoltato il medico rianimatore – Mirco Nacoti – che intervenne a casa della 28enne e le telefonate fatte alla centrale operativa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII.
Facendo prima di tutto un passo indietro, è bene ricordare che il caso di Monia Bortolotti inizia nel 2022 quando la donna portò all’ospedale di Bergamo il piccolo Mattia in fin di vita: il bimbo di 2 mesi venne salvato, gli venne – ipotizzando possibili abusi da parte della madre – impiantato un loop recorder per registrare l’attività cardiaca e venne rispedito a casa; mentre solamente 8 giorni dopo morì per un’insufficienza respiratoria che l’autopsia collegò ad una asfissia meccanica acuta da compressione meccanica.
Il caso del piccolo Mattia accese un riflettore su Monia Bortolotti, scoprendo che nel novembre del 2021 la donna aveva perso anche la sua prima figlia – appunto, Alice di soli 4 mesi – per quello che fu definito un ‘rigurgito’: riesumato il corpo della piccola, le analisi degli inquirenti non sono riuscite a rilevare l’effettiva causa del decesso, ma tra ipotesi e – tanti – dubbi la 28enne venne arrestata ed accusata di duplice infanticidio.
Monia Bortolotti, a processo il racconto del dottor Mirco Nacoti: si attende il parere del medico legale e degli psichiatri
Tornando al presente, nell’aula del processo a carico di Monia Bortolotti oggi era il giorno della deposizione del dottor Mirco Nacoti che intervenne nell’abitazione della 28enne poco dopo l’arrivo dei paramedici del 118 e nonostante fece il possibile per rianimare il piccolo non riuscì a salvarlo: non a caso in aula ha spiegato che al suo arrivo Mattia era “già visibilmente cianotico” ed ormai “morto”; mentre interpellato dalla pubblica accusa ha anche confermato che in quel momento Monia Bortolotti “era seduta sul divano [e] piangeva”.
Secondo le informazioni raccolte dallo stesso Nacoti sulla scena, Monia Bortolotti non avrebbe praticato alcuna manovra di rianimazione sul piccolo Mattia – aspetto che, comunque, il medico ritiene essere frequente in queste situazioni per via dell’ovvio “blocco emotivo” dei familiari, a maggior ragione quando si tratta di “un bambino” -; mentre si è ascoltata anche la telefonata avuta dal rianimatore con l’ospedale Papa Giovanni XXIII nel quale dal centralino la dottoressa Favini conferma che il bimbo era già stato in cura da loro, dicendosi completamente “sconvolta” perché in quell’occasione lo avevano “rivoltato come un calzino” impiantandogli “il loop recorder”.
Nella telefonata – peraltro – Nacoti ha anche confermato alla dottoressa Favini che Monia Bortolotti “non ha fatto il massaggio [cardiaco]” e che “dieci minuti dopo la chiamata” il cuore del piccolo Mattia “non è più ripartito (..) pur avendogli fatto di tutto e di più”: il prossimo capitolo del processo sarà quello relativo al parere del medico legale Paolo Silvani che dovrà analizzare i dati del loop recorder per capire se ci siano prove dell’effettiva ‘asfissia meccanica acuta’ sul piccolo; mentre il 30 giugno ci sarà il contraddittorio sulla perizia psichiatrica a Monia Bortolotti.