Iniziamo, dando uno sguardo ai decessi e in particolare alla loro variazione relativa tra il 2020 e il 2019, e a quella tra il 2021 e il 2019. Abbiamo già osservato che tale confronto è inficiato dalla diversa struttura della popolazione nei diversi anni e dal fatto che questi indicatori non tengono conto della diversa entità delle popolazioni soggette al rischio di morte, ma questo servirà per capire quali diverse conclusioni si potrebbero trarre dalla considerazione (secondo noi più corretta) dei tassi di mortalità, per età e standardizzati.
La Figura 2 riporta le variazioni relative percentuali dei decessi.
Come si vede, nel 2020 si hanno punte di +48% di morti in Lombardia e variazioni positive elevate in tutto il Nord con eccezione del Friuli (+5%). Al Centro sono state colpite soprattutto le Marche (+14%). Al Sud la Puglia con +8%. Nelle restanti regioni l’aumento dei decessi è stato più lieve, e addirittura in Basilicata si è avuta una riduzione del numero di morti.
Se guardiamo adesso l’Italia a destra nella Figura 2, che riporta la variazione tra il 2021 e il 2019, si rileva che il numero di decessi non è assolutamente tornato ai livelli del 2019, ma i colori intensi, segno di un maggiore incremento dei decessi, si sono spostati dal Nord al Centro e al Sud, dove spicca la Puglia con +22%, assieme a Campania, Calabria e Sicilia con variazioni un po’ inferiori, ma sostenute. Al Nord invece il Friuli mostra un +10%, che è grosso modo il livello delle regioni del Centro. Nel complesso dell’Italia, nel 2020 i decessi si sono incrementati del 15%, mentre nel 2021 “solo” del 10%.
Quello che possiamo quindi dire (che sarà rafforzato dall’analisi successiva dei tassi di mortalità) è che nel 2020 gli effetti dell’epidemia hanno colpito sostanzialmente il Nord, e la Lombardia in particolare, mentre nel 2021 si sono fatti sentire in tutta la penisola, raggiungendo pesantemente il Sud e riducendo la loro intensità nel Nord. Diciamo che nel 2021 l’epidemia ha colpito in maniera più omogenea la penisola, ma non si sono osservati i valori estremi del 2020, per la Lombardia. La situazione è comunque lontana dall’essere tornata nel 2021 ai livelli pre-pandemia, nonostante i vaccini.
Se ora si passa ad esaminare lo stesso tipo di rappresentazioni grafiche, ma riferite alla variazione relativa percentuale dei tassi di mortalità standardizzati (Figura 3), le differenze tra il 2020 e il 2021 si accentuano ancora di più.
Infatti, la variazione dei tassi di mortalità nel 2020 (mappa a sinistra nella Figura 3) mostra che ci sono moltissime regioni del Centro-Sud che presentano addirittura una riduzione rispetto al 2019, o lievissimi incrementi come Sardegna (+1%) e Calabria (+2%), il che ci fa capire che la situazione disegnata dalla variazione dei morti è più pessimistica di quella indicata dalla variazione dei tassi (risultato già osservato in un precedente articolo, al quale rinviamo per la spiegazione matematica dell’apparente contraddizione. Gran parte del Centro-Sud, nel 2020, è stato colpito poco, o per niente, dalla pandemia in termini di probabilità di morte per i suoi abitanti (questo di fatto sono i tassi).
Per quanto riguarda la variazione del 2021 rispetto al 2019, l’Italia a destra nella Figura 3 mostra anch’essa notevoli differenze rispetto alla corrispettiva mappa in Figura 2. Ad esempio, mentre per la Sardegna (Figura 2) la variazione dei decessi nel 2021 mostra un +5%, quella dei tassi segnala uno “zero”, il che indica che la Sardegna nel 2021 è di fatto tornata alla situazione pre-pandemia. Anche le altre regioni mostrano generalmente incrementi dei tassi inferiori a quelli dei decessi, ma pur sempre consistenti. Decisamente, nel 2021, il Centro-Sud appare fortemente provato dalle conseguenze dell’epidemia e da tutto ciò che questa ha comportato sul sistema sanitario. Al Nord si segnala la più alta variazione relativa percentuale del tasso di mortalità (+8%) nel Friuli-Venezia Giulia. Per l’Italia nel complesso si può vedere che la situazione del 2020, con un +13% nei tassi, è nettamente migliorata nel 2021 con un incremento di mortalità rispetto al 2019 “solo” del 7% (circa la metà del 2020): in pratica, a confronto con il 2020 la variazione del tasso rispetto al 2019 si è quasi dimezzata, indicando un miglioramento della situazione, che si potrebbe attribuire all’introduzione dei vaccini.
Qui però qualcuno potrebbe obiettare che la riduzione sia dovuta al fatto che nel 2020 è deceduta la parte più debole della popolazione, per cui nel 2021 avevamo una popolazione più forte a fronteggiare il virus. Vedremo in seguito che, al contrario, i vaccini hanno avuto il loro merito. Qui nuovamente vogliamo sottolineare che il quadro che emerge dalla considerazione della variazione dei tassi è meno pessimistico di quello derivante dalla considerazione della variazione dei decessi: questi secondi portano con sé l’effetto dell’invecchiamento della popolazione che non è ovviamente da attribuire all’epidemia e alle sue conseguenze come ampiamente spiegato nell’articolo citato. Viene infine confermata l’idea che nel 2020 gli effetti epidemici sono stati più concentrati, mentre nel 2021 risultano più diffusi su tutto il territorio nazionale.
Variazione dei tassi di mortalità per età
È a questo punto interessante approfondire la questione della variazione dei tassi di mortalità considerando le fasce d’età. Il dato sarà riferito ovviamente all’Italia nel complesso, poiché un’analisi a livello regionale per età, oltre che alla esiguità dei numeri per classi di età che comporterebbe poca stabilità nei risultati, è al di fuori degli scopi di questo articolo.
La Figura 4 riporta la variazione relativa percentuale dei tassi di mortalità per i maschi. In giallo sono evidenziate le variazioni che risultano significativamente diverse da zero dal punto di vista statistico: in sostanza le barrette di colore diverso dal giallo potrebbero essere uguali a zero, ma non lo sono per effetto di fattori casuali.
Per il test abbiamo utilizzato quello della differenza tra due proporzioni, basato sulla seguente formula:
dove p1 e p2 sono i tassi in due anni diversi (ad esempio, 2020 e 2019), mentre n1 e n2 le rispettive popolazioni al denominatore del tasso nei due anni (al numeratore del tasso abbiamo ovviamente i decessi). Se z è inferiore a 1.645 in valore assoluto, si accetta l’ipotesi che i due tassi siano identici e che pertanto la variazione non sia significativamente diversa da zero. Altrimenti la variazione è significativamente diversa da zero e può avere un senso commentarla.
Dall’esame della Figura 4 che riguarda i maschi, emerge il seguente quadro. Nel 2020 l’incremento dei tassi di mortalità ha riguardato essenzialmente le fasce di età sopra i 50 anni: quella che ha subìto gli effetti peggiori è stata la fascia 100+ con un +23% di mortalità, ma contrariamente a quanto si potrebbe pensare quelle immediatamente precedenti tra 85 e 99 hanno subìto un danno in termini di aumento del tasso (+6-11%) inferiore a quello subito dalle classi 70-74 e adiacenti (+17-20%).
La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che gli individui di queste classi di età, ancora pienamente attivi, hanno avuto maggiore probabilità di infettarsi, rispetto ai più anziani. A fronte di questi incrementi spiegabili essenzialmente con l’effetto del Covid e della difficoltà nella cura per le altre malattie, si rileva una forte riduzione dei tassi di mortalità tra 15 e 29 anni che può essere spiegata dall’effetto del lockdown, che con la riduzione della mobilità e dell’accesso al lavoro può aver ridotto incidenti stradali e sul lavoro. Ovviamente un’analisi comparativa delle cause di morte tra il 2020 e il 2021 potrà fornire maggiori lumi sulla questione: purtroppo però i dati sui morti per causa sono, ad oggi, disponibili solo fino ad aprile 2020.
La considerazione del grafico in basso nella Figura 4, relativo alla variazione tra il 2021 e il 2019, evidenzia che per le fasce di età più giovani si ha un sostanziale ritorno alla situazione del 2019 fino a 39 anni, in quanto le variazioni non sono significativamente diverse da zero, il che potrebbe essere spiegato dalla progressiva riduzione dei lockdown. Invece, per le fasce da 40 anni in su si osservano ancora incrementi significativi del tasso di mortalità, più forti per le fasce intorno a 65-69 anni.
Ovviamente il Covid ha colpito anche nel 2021 (specie tra i non vaccinati) e la difficoltà di accesso alle strutture sanitarie può aver contribuito ad un aumento della mortalità rispetto al 2019, che però è meno accentuato che nell’anno precedente, e ciò è in linea con i risultati generali che vedono l’Italia nel 2021 a un +7% rispetto al 2019, contro il +13% del 2020.
Per quanto riguarda le fasce di età più giovani, si deve rilevare che sono stati osservati 245 decessi Covid tra il 1° febbraio 2021 e il 5 ottobre tra i maschi con meno di 40 anni: tale dato (opportunamente rapportato ai mesi 1° marzo-30 settembre) rappresenta il 7,4% dei decessi totali 1° marzo-30 settembre nelle classi 0-39 anni, pertanto le variazioni positive nelle classi 30-39 e 5-14 che si osservano nella Figura 4 possono a ragione essere attribuite ad una maggiore mortalità da Covid nelle classi di età più giovani, che purtroppo caratterizza l’epidemia nel 2021. Ma per un’analisi più approfondita si veda più avanti.
La Figura 5 illustra la situazione per le femmine. Qui si deve segnalare che per il 2020, pur non significativamente diverse da zero, si rileva una riduzione della mortalità nelle fasce 20-39 come per i maschi (che potrebbe avere la stessa spiegazione) Per le fasce di età più anziane si rilevano incrementi leggermente inferiori a quelli dei maschi, ma grosso modo distribuiti nella stessa maniera, anche se si evidenzia il maggior incremento nella fascia 90-94 rispetto ai maschi (causata forse dalla maggiore socialità nelle case di riposo?).
Per il 2021 si osserva, per le fasce sopra i 50 anni, un andamento analogo a quello dei maschi, ma con livelli leggermente inferiori. Da rilevare che, pur nella non significatività statistica del dato, tutte le fasce da 10 a 49 sono interessate da un aumento del tasso di mortalità tra il 4 e l’8%.
A questo riguardo, si deve rilevare che sono stati osservati 154 decessi Covid tra il 1° febbraio 2021 e il 5 ottobre tra le femmine con meno di 40 anni (fonte Iss): tale dato rappresenta il 9,4% dei decessi totali 1° marzo-30 settembre nella classe 0-39 anni, pertanto, analogamente a quanto osservato per i maschi, le variazioni positive nelle classi sotto i 50 anni, che si osservano nella Figura 5, possono, a ragione, essere attribuite ad una maggiore mortalità da Covid nelle classi di età più giovani, anche per le femmine.
Tuttavia, qualcuno potrebbe obiettare che l’aumento di mortalità rispetto al 2019, rilevabile nel 2021, nelle fasce di età 0-39 anni in Italia, potrebbe essere causato dagli effetti avversi del vaccino. Il problema merita un’analisi specifica.
Qui si deve rilevare prima di tutto che, mentre nelle fasce di età più anziane il Covid risulta una causa di morte fortemente concorrente rispetto alle altre, nel senso che il Covid colpisce come si sa le persone con più patologie, le quali potrebbero morire per tali patologie in assenza di Covid, per cui distinguere tra decessi Covid e non Covid diventa problematico; nel caso dei giovani, pur potendo immaginare che il Covid colpisca i più deboli, in assenza di Covid questi potrebbero in realtà sopravvivere per lungo tempo. Pertanto, valutare separatamente le morti per Covid da quelle per altre cause di morte, può avere un senso. Eventuali effetti avversi del vaccino dovrebbero sostanziarsi in un aumento dei decessi per altre cause di morte.
La Tabella 1 riporta alcuni dati interessanti, relativi nel complesso alla fascia di età 0-39, per il periodo 1° marzo-30 settembre. Da questa si rileva che nel 2021 il tasso di mortalità per cause diverse dal Covid è stato di 2,25 x 10mila abitanti tra i maschi e di 1,15 x 10mila abitanti tra le femmine, inferiori ai rispettivi tassi di mortalità del 2019: 2,43 e 1,27. Questo depone decisamente contro l’ipotesi che il vaccino abbia fatto aumentare i decessi in queste fasce di età, mentre si può osservare un tasso di mortalità seppur piccolo, ma comunque positivo, causato dal Covid (0,18 per i maschi e 0,12 per le femmine).
A ulteriore conferma di questa conclusione possiamo guardare ai grafici degli z-score di EuroMomo per la classe di età 15-44 per l’Italia (Figura 6): se tale indicatore sta nella banda grigia della figura, significa che la mortalità è nella norma, come in effetti si vede per quasi tutte le settimane del 2021.
Quello che quindi possiamo dire in sintesi è che nel 2021, a confronto con il 2020, l’epidemia di Covid ha fatto aumentare meno la mortalità rispetto al 2019. Inoltre tale aumento non è più concentrato soltanto nelle classi sopra i 40/50 anni come nel 2020, e l’effetto dell’incremento della mortalità si è fatto sentire su tutte le classi di età, sia per i maschi che per le femmine. Proprio come abbiamo visto dal punto di vista geografico, dove si assiste ad un effetto sulla mortalità più omogeneo su tutto il territorio nazionale. I dati raccolti sembrerebbero escludere effetti collaterali significativi del vaccino sulla mortalità nei giovani.
(2 – continua)
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